18 giugno 2018 - 11:30

Zuppi e l’emergenza migranti: «Razzismo? No, è rabbia e paura»

Il vescovo di Bologna: «Serve un’ecologia linguistica, più Europa e corridoi umanitari»

di Claudia Baccarani

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BOLOGNA — Vescovo, Bologna e l’Italia sono diventate razziste?
«No, io non vedo razzismo, vedo piuttosto paura e rabbia. Ha ragione il cardinale Ravasi quando parla di ecologia linguistica perché le parole possono celare altre intenzioni, creare pregiudizi e semplificazioni. Possono nascondere la realtà e creare tensioni».
Il vescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, reduce dalla laura ad honorem al cardinale Gianfranco Ravasi, accetta di parlare dopo una settimana che lo ha visto incolpevole protagonista della cronaca, oggetto di insulti e offese vomitate sui social, in compagnia del sindaco Virginio Merola, per avere criticato la politica dei «porti chiusi», bandiera del governo a trazione leghista e del ministero dell’Interno Salvini.

Se lo aspettava di finire nel mirino degli hater?
«Io non sono sui social, sono un analfabeta digitale e non ho nemmeno voluto imparare. Forse sbaglio, perché se utilizzati bene possono essere uno strumento per raggiungere le persone. Ma serve grande attenzione e discernimento, invece spesso prevalgono aggressività, un modo istintivo di esprimersi, giustizialismo. E questo è pericoloso»

Che giudizio dà del nuovo governo?
«Non credo sia giusto esprimermi, è troppo presto»

E del dibattito che si è scatenato sui temi dell’accoglienza e dell’immigrazione?
«Quello dell’Europa è un problema vero, è giusto porre il tema della responsabilità dell’accoglienza in una dimensione europea».

Ma come è possibile dare risposte concrete alla questione dei profughi senza perdere umanità?
«Bisogna vedere la realtà per quello che è, affrontarla e trovare soluzioni, cercarle tutti insieme. In questo c’è sicuramente bisogno di più Europa. Poi ci sono i corridoi umanitari: la comunità di Sant’Egidio li sta sperimentando da un po’. Possono coniugare la necessità del controllo di questi fenomeni con la necessità delle persone che fuggono dai loro Paesi».

A Bologna questi corridoi umanitari funzionano?
«Sì, da un anno abbiamo già accolto diversi nuclei famigliari: a Porretta, dove il parroco si è reso disponibile, e all’Eremo di Ronzano. Perché poi nel concreto, quando ci si guarda negli occhi, in realtà la disponibilità ad accogliere c’è».

Tuttavia l’opinione pubblica sembra condividere un’impostazione di chiusura quasi totale su questi temi.
«Ripeto: io non vedo razzismo, ma paura e incertezza. Tornando a Ravasi e al concetto di ecologia linguistica, significa anche che non bisogna illudere con le parole, creando situazioni che possono sfuggire. L’immigrazione è un tema delicato e va letto con senso del presente e del futuro. Ci troviamo di fronte a cambiamenti epocali con cui dobbiamo confrontarci».

La Chiesa sta riuscendo in questo momento storico a farsi capire? C’è chi parla di strumentalizzazione dei valori cristiani da parte di certi politici.
«Gli imperativi evangelici sono chiarissimi, non è possibile strumentalizzarli. Poi c’è la dimensione della laicità e il tema di come declinarli. Ma la Chiesa non può che predicare i valori cristiani, che sono parte dell’identità profonda del nostro Paese: è da questo umanesimo che dobbiamo partire».

E qui torniamo all’ecologia della parola del cardinale Ravasi...
«Sì, è fondamentale. Attenzione però: non deve significare nascondere o edulcorare la realtà, ma utilizzare le parole con rispetto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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