27 luglio 2018 - 08:42

Gualmini e la crisi della sinistra: «Il Pd dell’Emilia sia indipendente»

La numero due di Viale Aldo Moro: «Serve uno choc positivo, una “filiale” sganciata da Roma»

di Olivio Romanini

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BOLOGNA — Una proposta del genere ai tempi del Pci-Pds-Ds e anche del primo Pd avrebbe creato una frattura insanabile tra Roma e Bologna e sarebbe stata considerata eterodossa, per usare un eufemismo. Ma la crisi del Pd nazionale è talmente profonda che l’idea della vicepresidente della Regione, Elisabetta Gualmini, rischia di avere molto consenso: «In vista delle prossime regionali abbiamo bisogno di rendere il più possibile autonomo il Pd dell’Emilia-Romagna dal Pd nazionale, fare capire che siamo un’altra cosa: il modello da seguire è quello del partito socialista catalano o della Csu bavarese».

Crede che questa sua proposta possa avere seguito?
«Posso dire — spiega la numero due di Bonaccini con delega al Welfare, Elisabetta Gualmini — che è un po’ che se ne parla e che nella giunta Bonaccini questa idea è condivisa anche da altre persone».

Qual è la sua idea nello specifico?
«Penso che occorra costruire una filiale autonoma del Pd dell’Emilia-Romagna pur se collegata al Pd nazionale. Serve uno choc positivo, qualcosa che possa restituire entusiasmo perché l’anno prossimo torniamo a votare in Emilia».

E il Pd nazionale in questo momento è una palla al piede che rischia di tirarvi giù e che potrebbe farvi perdere le elezioni.
«Non ci possiamo permettere l’immobilismo del Pd a Roma che sta attraversando una fase di riflessione: anche giustamente si è scelto di puntare su un lungo traghettamento e non so se ci sarà un congresso. Ma noi non possiamo rassegnarci con il governo ancora in luna di miele ad una fase di rassegnazione».

C’è un modello a cui fa riferimento?
«Sì, quello del partito socialista catalano e quello della Csu della Baviera. Noi sentiamo la necessità di mettere in evidenza il grappolo delle virtù di quello che abbiamo fatto come amministrazione e come partito in Emilia. Dobbiamo rendere chiaro agli elettori che noi siamo e siamo stati un’altra cosa e rivendicare con orgoglio le scelte fatte. Siamo stati più virtuosi e abbiamo dato risposte sulla povertà prima di altri territori».

Pensa addirittura ad un cambiamento dello Statuto.
«Non penso per ora ad una struttura separata o ad un sistema di tesseramento autonomo ma si deve dare vita ad un laboratorio che esalti la forza del Pd in Emilia-Romagna. Anche perché ci sono dei cambiamenti in atto di cui bisogna tenere conto».

Quali?
«Noi stiamo chiedendo come Regione una maggiore autonomia dallo Stato e al tempo stesso la Lega a livello di partito sta facendo il cammino opposto al nostro: smette di essere un partito territoriale per seguire un’impostazione solo nazionale».

Farete la campagna elettorale solo con i manifesti del Pd dell’Emilia-Romagna e non con quelli del Pd nazionale?
«Può essere un’idea: serve un esperimento coraggioso che possa ridare forza e orgoglio al popolo dell’Emilia».

C’è un solo problema: il governatore Stefano Bonaccini potrebbe essere l’uomo chiamato a risollevare il Pd nazionale.
«Io penso che Bonaccini si debba ricandidare a governatore, aveva dato la sua disponibilità e penso che faccia bene a farlo. Ma una cosa è certa: se Bonaccini andasse a fare il segretario nazionale del Pd qui non ci sono candidati designati: si faranno primarie di coalizione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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