28 luglio 2018 - 09:38

Il Pd autonomo spacca i democratici. E Calvano: serve il partito del Nord

Il segretario regionale vedrà i vertici dem di Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto

di Beppe Persichella

shadow

BOLOGNA — Tra gli stand delle Feste dell’Unità, circoli e federazioni il dibattito è servito. Il Pd regionale deve o non deve essere autonomo dal partito nazionale, come propone la vice presidente di viale Aldo Moro Elisabetta Gualmini? Ossia «una filiale sganciata da Roma» in grado di dare uno «choc positivo», in vista delle prossime elezioni regionali. Il primo a seguire questo ragionamento è il diretto interessato, il segretario del partito regionale Paolo Calvano. «L’ipotesi di un Pd più federale è assolutamente all’ordine del giorno, o lo deve comunque essere — dice —. Per questo va approfondita senza però fughe in avanti». Ma Calvano vuole andare oltre i confini regionali. Questa sera alla Festa dell’Unità di Brescia interverrà con il governatore Stefano Bonaccini, il leader nazionale Maurizio Martina e i segretari regionali dem di Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria per ragionare di «come mettere in campo un coordinamento del Pd del nord», partendo dai punti comuni. «Autonomia, infrastrutture, economia», mette in fila Calvano. Il leader regionale sa bene però che prima dovrà mettere ordine dentro al suo partito che si interroga e divide sulla proposta della Gualmini. Per il deputato bolognese Andrea De Maria è «una suggestione interessante che va raccolta» sempre che l’obiettivo finale non sia «staccarsi dal Pd ma contribuire al suo rilancio». Quindi «sì a un partito federale ma in tutta Italia». Per arrivare a questo però serve rinviare il congresso regionale di ottobre (nel quale il capogruppo Pd in Regione, Stefano Caliandro potrebbe sfidare Calvano) e farlo assieme a quello nazionale, altrimenti si corre il rischio di una «conta congressuale» e primarie poco partecipate.

Le voci fuori dal coro

L’unica voce nazionale, quella del deputato Luigi Marattin, ex consulente economico di Renzi, boccia invece la proposta di Gualmini e al contrario invoca primarie in autunno. «Di solito un partito regionale chiede di staccarsi quando va meglio di quello nazionale. Non mi pare sia questo il caso», chiude le porte Marattin rievocando il risultato delle ultime Politiche dove il Pd dell’Emilia-Romagna è stato superato sia dal M5S che dal centrodestra. «Serve un vero congresso con primarie, non si fanno dal 2009», rimarca. Sulla stessa lunghezza d’onda il deputato bolognese Luca Rizzo Nervo. Quella della Gualmini, dice, «è una scorciatoia illusoria» che fa fare «molti passi indietro». Perché l’anno prossimo ci sono le regionali ma pure le Europee. «Dobbiamo allargare la prospettiva per unire le tante persone che non si arrendono a questa visione sovranista e protezionista, superando particolarismi, non costruendoli». In più, aggiunge Rizzo Nervo, evocare l’eccezionalità dell’Emilia «è ormai il residuo di un armamentario retorico che alimenta illusioni».

Federalismo e non secessione

Dalla giunta Merola si fa sentire l’assessore al Lavoro Marco Lombardo che non disprezza quel che dice Gualmini. «Una provocazione interessante per risvegliare un partito sopito». L’importante però, è che si parli di federalismo e «non di secessione». È prudente anche il deputato Gianluca Benamati: «Che il Pd regionale possa e debba giocare un ruolo sullo scenario nazionale è condivisibile. Che questo possa avvenire con una separazione non mi convince». Di pari passo a questo dibattito c’è quello sulla possibile nascita di un Pd del Nord. Per arrivare a «un rapporto più equilibrato in termini di risorse tra centro e periferia del partito», poiché «oggi – osserva Calvano - il 2×1000 è concentrato a Roma e questo è negativo per il partito, i territori più virtuosi possono essere da esempio per quelli in difficoltà».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA