26 settembre 2018 - 12:58

«Come facciamo a cacciare Salvini?», bufera sul tema a scuola. Il ministro: «Non ci voglio credere»

La frase sarebbe oggetto di compiti per casa. Ma il direttore scolastico difende la prof: «Equivoco»

di Redazione online

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BOLOGNA «Come facciamo a cacciare Salvini?»: questa la domanda che un’insegnante di italiano di una scuola media inferiore di Castel Del Rio, nel bolognese, avrebbe inserito in un compito in classe sottoposto ai propri studenti. A denunciare il fatto, con tanto di foto del compito, è il commissario provinciale della Lega Daniele Marchetti, consigliere regionale dell’Emilia-Romagna. «Si tratta di un fatto, qualora confermato, gravissimo - scrive in una nota - se è vero che stiamo indagando sulla veridicità della segnalazione che ci è arrivata, è anche vero che sin da ora è possibile trarre alcune conclusioni incontrovertibili: come si fa a porre una domanda simile a dei ragazzini di 11-14 anni?». A quell’età i «ragazzi vanno educati, devono imparare la lingua italiana, la matematica, le scienze, la geografia, le lingue straniere. Vanno a scuola per imparare e farsi una cultura senza condizionamenti esterni, tanto più se questi sono di matrice politica. L’ideologia e la propaganda devono stare fuori dalle aule, soprattutto quando in queste siedono dei ragazzini. Il solo pensare di sottoporre un compito in classe porgendo una domanda simile agli studenti significa non essere in grado di adempiere con correttezza alla propria professione di insegnante, che è, per l’appunto quella di formare e fornire nozioni essenziali per la vita quotidiana».

Il condizionale

«Se le verifiche che stiamo facendo porteranno a confermare i fatti - aggiunge il segretario della vallata imolese, Fabio Morotti- chiederemo al Provveditorato di prendere immediati provvedimenti contro quella professoressa che ha scelto la scuola non per educare, quanto per fini di propaganda politica. Tutto ciò è inaccettabile, soprattutto alla luce del fatto che anche a livello didattico, quella classe necessità più di altre di insegnanti capaci di insegnare le materie basilari per un’istruzione degna di quel nome: a quanto risulta, infatti, la classe sarebbe composta da 11 studenti stranieri e 8 italiani».

La replica di Salvini

«In una scuola media di Castel del Rio, Bologna, una insegnante di italiano avrebbe chiesto agli studenti “come facciamo a cacciare Salvini?”. Non ci voglio credere, e infatti andrò fino in fondo per verificare se siamo di fronte a uno scherzo o a una triste realtà. Scriverò al ministro della Pubblica Istruzione. Un abbraccio a quei bimbi da parte di un papà che lavora per una scuola senza pre-giudizi in un Paese libero», afferma il ministro dell’Interno Matteo Salvini

La replica del direttore dell’ufficio scolastico regionale

Il caso, sottolinea all’Ansa il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna, Stefano Versari, «non esiste nemmeno». Non c’è nessun compito in classe o a casa, precisa Vasari, dato dall’insegnante ai bambini - come denunciato da un commissario provinciale della Lega -, ma un incidente nato da un esercizio fatto in classe. «Si tratta della “bottega dei desideri”, una pratica didattica fatta all’inizio di un nuovo ciclo scolastico per far conoscere i bambini tra di loro e all’insegnante». Ogni alunno esprime un desiderio e trascrive sul quaderno quelli degli altri, per parlarne poi insieme al docente e conoscersi. Il “casus belli” sarebbe un desiderio particolare, «cacciare Salvini», che l’insegnante, secondo quanto riferito dalla dirigente scolastica dell’istituto al direttore Versari, avrebbe anche chiesto di non trascrivere insieme agli altri (tra questi figurano «risolvere la desertificazione» o «guarire le malattie»). Qualche bambino zelante non l’ha ascoltata e una volta portato a casa il quaderno un genitore avrebbe fatto il resto pubblicando sui social la pagina del quaderno. «Per precauzione - sottolinea Versari - ho chiesto sull’ episodio una relazione scritta. Ma ho la percezione di una realtà che cerca l’esorbitanza, e che quando l’esorbitanza non c’è tende a costruirla», a «stravedere rispetto alla realtà», «non è un bel segnale».

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