7 agosto 2018 - 11:46

Ottant’anni dopo le leggi razziali
I rettori a Pisa per chiedere scusa

Il 20 settembre la cerimonia organizzata da Università, Normale, Sant’Anna e Imt. Parteciperanno atenei da tutta Italia: «Un risarcimento morale per gli ebrei cacciati»

di Antonio Valentini

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L’Università italiana chiederà scusa ai docenti e agli studenti ebrei cacciati con le leggi razziali. Lo farà in forma solenne 80 anni dopo l’emanazione del «Regio decreto numero 1381 - Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri» con il quale si promuoveva la necessità assoluta e urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza nella scuola italiana.

La prima pagina della «Stampa» sull’esclusione di prof e alunni ebrei
La prima pagina della «Stampa» sull’esclusione di prof e alunni ebrei

La «Cerimonia delle scuse e del ricordo» si terrà nel pomeriggio del 20 settembre nel cortile della Sapienza di Pisa, a poca distanza dalla tenuta di San Rossore dove il 5 settembre 1938 Vittorio Emanuele III appose il sigillo reale al primo provvedimento in difesa dalla razza, con il quale Benito Mussolini segnò l’inizio del calvario degli ebrei italiani. Sarà preceduta in mattinata dalla riunione della Crui, la Conferenza dei rettori, che per l’eccezionalità dell’evento è stata convocata a Pisa anziché a Roma. Le scuse giungono a poche settimane dal vigoroso attacco delle comunità ebraiche al ministro Salvini sul censimento dei rom e a pochi giorni dall’idea del ministro Fontana di abolire la legge Mancino contro la discriminazione razziale . «Nessun legame. Mi chiedo solo per quale ragione queste scuse non siano state fatte negli ultimi 80 anni», argomenta il professor Michele Emdin, docente alla Scuola Superiore Sant’Anna e dirigente di cardiologia al Cnr di Pisa.

Negli atenei italiani le leggi razziali colpirono il 7 per cento del corpo docente, senza contare gli incaricati e gli assistenti. Solo a Pisa gli insegnanti «sospesi» furono venti e analoga sorte toccò a un numero variabile tra 200 e 290 studenti. A Firenze furono allontanati 5 ordinari, un emerito, 7 incaricati, 16 liberi docenti e dieci assistenti. Ma è difficile avere la certezza del numero esatto degli espulsi, poiché negli archivi universitari non risultano elenchi. Tanto più che, dopo la caduta del regime, i professori non furono reintegrati se non in pochi casi e in ruoli soprannumerari. A Pisa come altrove la ricollocazione fu faticosa se non impossibile, traducendosi in una nuova epurazione. «Si immagini le ferite che si aprirono nell’esistenza di quanti furono marginalizzati e delle loro famiglie — prosegue il professor Emdin —, che passarono dalla pienezza dell’esistenza alla privazione di ogni diritto». Il suo è un racconto denso di emozioni: «Mio nonno Naftoli fu costretto ad abbandonare la cattedra e a stare nascosto fino alla caduta del fascismo. A mio padre toccò lasciare il Ginnasio. Alcuni emigrarono, altri morirono nei campi di concentramento».

Gli studenti non ebbero destino migliore. Elio Toaff, il futuro rabbino di Roma, studiava giurisprudenza a Pisa ma, al momento di preparare la tesi, non trovò un professore che lo seguisse. Alla fine si prestò Lorenzo Mossa, docente di diritto commerciale e Toaff, nel giorno di discussione della tesi, trasgredì l’indicazione di presentarsi in camicia nera e si sedette di fronte alla commissione con indosso pantaloni a righe e camicia bianca.

L’Università di Pisa, promotrice della «Cerimonia delle scuse e del ricordo» assieme alla Scuola Sant’Anna, alla Scuola Normale e all’Imt di Lucca, ha ottenuto subito l’adesione degli atenei di Firenze e di Siena, oltre che della Regione Toscana. Sono stati formati un comitato organizzatore e uno scientifico, in modo da dare una valenza nazionale e un alto livello scientifico a un atto di portata storica: «L’Università italiana si scusa per farsi capire, per una sorta risarcimento morale agli eredi di quanti soffrirono a causa delle leggi razziali. Non c’è nessuna relazione con la politica dell’attuale governo», spiega Davide Guadagni, coordinatore del comitato organizzatore. «È un gesto tardivo, privo di significati risarcitori. Ma chiedere scusa è un gesto forte, ha un significato etico», aggiunge la professoressa Sandra Lischi, al pari di Michele Emdin nel comitato scientifico. Ed Emdin: «C’è il pericolo che questi eventi si ripetano, proprio ora che la memoria sbiadisce perché spariscono i testimoni. Le scuse dell’Accademia italiana, fino a oggi mancate, hanno un valore meta-storico». Ovvero vanno oltre l’attualità, finendo per comprenderla.

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