30 luglio 2018 - 16:43

Calenzano, bambina abusata
dal prete allontanata dalla famiglia insieme ai fratelli

I tre piccoli sono stati accompagnati in una struttura protetta

di Antonella Mollica

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E’ stata allontanata dalla famiglia la bambina di Calenzano vittima degli abusi sessuali del sacerdote settantenne don Paolo Glaentzer, amico da vent’anni della famiglia. Insieme a lei sono stati allontanati anche i suoi due fratelli. La decisione d’urgenza è stata adottata dai servizi sociali del Comune con il coordinamento della Procura per i minori di Firenze sulla base dell’articolo 403 del codice civile che consente a una pubblica autorità di intervenire a tutela dei minori quando si configura una situazione di pericolo. I piccoli dopo le visite mediche sono stati portati in una comunità protetta. La bambina, 10 anni, dovrà essere sentita dagli inquirenti della Procura di Prato. Venerdì il gip del tribunale di Prato ha convalidato l’arresto in flagranza di don Paolo accusato di violenza sessuale aggravata su una minore e ha disposto per lui gli arresti domiciliari nella sua abitazione di Bagni di Lucca, a Fabbriche di Casabasciana, paese che sta mettendo in atto una protesta contro la permanenza del sacerdote. Don Paolo davanti ai magistrati ha confessato di aver abusato almeno altre tre volte della bambina, convinto che avesse quindici anni.

Aprile 2013

«Non vi sono ragioni gravi per allontanare i bambini dai genitori tanto più che la famiglia dei bambini, oltre all’aiuto del nonno e dello zio, ha anche il supporto della Caritas e della parrocchia, così come rilevato dal consulente psichiatra». È il maggio 2016 quando la Corte d’Appello di Firenze decide che i tre bambini di Calenzano possono ritornare a vivere con i genitori. Quasi tre anni prima, nell’aprile 2013, i bambini — che avevano 9, 6 e 2 anni — erano stati mandati in una comunità. Il tribunale per i minori aveva rilevato la difficoltà del padre di rapportarsi con i servizi sociali e di collaborare nel programma di recupero dei minori, tutti affetti da ritardi mentali e di apprendimento. Per questo era arrivato alle conclusioni che i bambini dovessero essere allontanati dalla famiglia per il loro bene. In realtà le relazioni dei servizi sociali e degli stessi consulenti, nel periodo dell’allontanamento dalla famiglia, avevano messo in luce che le visite ai bambini dei genitori, dei nonni e dello zio non erano accolte con favore dai minori, che non manifestavano attaccamento a nessuno in particolare. Spesso i bambini — si legge nelle relazioni — venivano disturbati da telefonate non autorizzate. Proprio per evitare ulteriori stress gli incontri con i genitori vennero diradati, dal momento che i bambini all’interno della comunità — spiegava il consulente — sembravano mostrare dei miglioramenti.

Il ricorso dei genitori

Contro la decisione del tribunale i genitori dei bambini presentarono ricorso spiegando che tutto era partito da difficoltà economiche che li aveva portati nelle mani di alcuni strozzini. La loro situazione — aveva spiegato il padre che reclamava il ritorno a casa dei figli — era migliorata notevolmente dal 2011 grazie agli aiuti della parrocchia di Calenzano e della Caritas, oltre che di amici e parenti. La famiglia aveva raggiunto un certo «benessere» anche grazie a una pensione di invalidità totale e questo — spiegava l’uomo — avrebbe semplificato la vita di tutti.

Giugno 2016

Nel giugno 2016 la sezione minori della Corte d’Appello — sulla base della consulenza psichiatrica — accoglie il ricorso dei familiari (genitori, nonno e zio paterni). I giudici spiegano che la situazione è cambiata grazie anche all’aiuto della Caritas diocesana con un servizio di assistenza domiciliare per aiutare i ragazzi nello svolgere i compiti. Il consulente — scrivono i giudici — ha verificato che i genitori, «sufficientemente consapevoli dei loro limiti, si sono dichiarati disponibili ad accettare una forma di sostegno educativo e di supporto alla genitorialità nell’interesse dei figli, ai quali sono legati sinceramente, nell’ottica di un rientro al domicilio, poiché il ricovero nella struttura non ha sortito gli effetti sperati per i tre, soprattutto per la più piccola, con problemi psicologici accentuati». E si spiega come le problematiche economiche che avevano in passato interessato la famiglia, «piegata da rapporti usurari, siano state superate». Il consulente ha spiegato che l’abitazione ristrutturata era idonea ad accogliere i minori, così come lo zio e il nonno potevano costituire — secondo il suo giudizio — «un valido punto di riferimento sia emotivo che economico cui fare affidamento in caso di necessità». Anche i rapporti tra bambini e genitori — spiegano i giudici — sembravano essere migliorati: «La madre è capace di cogliere i bisogni dei ragazzi rispettando i loro tempi, le loro esigenze e le diversità caratteriali. E anche il padre appare sinceramente ed emotivamente coinvolto. Il consulente psichiatra registrava «il progresso nella consapevolezza dei genitori e da parte dei minori l’esigenza di ritornare in famiglia abbandonando l’istituto, fermo restando l’affidamento ai servizi sociali». Per questo — aveva concluso lo psichiatra Paolo Cioni — la situazione più idonea era quella del ritorno in famiglia, con i supporti esterni. I giudici sottolineano l’orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla salvaguardia della famiglia di origine nell’interesse dei figli laddove non vi siano ragioni ostative gravi e arrivano quindi alle conclusioni che «non vi sono ragioni gravi e attuali per allontanare i tre bambini dai genitori. Tanto più che oltre ai familiari ci sono anche Caritas e parrocchia che sono collaborativi e attenti ai bisogni del nucleo familiare come rilevato dal consulente». I bambini restano sempre affidati ai servizi sociali che avranno il compito di monitorare il nucleo familiare per verificare la situazione dei bambini, i genitori dovranno seguire un percorso di sostegno psicologico.

Gennaio 2018

In realtà la situazione familiare della famiglia precipita nuovamente. E il 17 gennaio di quest’anno la Procura per i minori, sulla base delle ultime relazioni dei servizi sociali, apre un nuovo fascicolo chiedendo nuovamente l’allontanamento dei bambini, spiegando che l’uomo non collabora, che ha un comportamento aggressivo e prevaricatore, che racconta bugie mentre la moglie non sembra essere in grado di tutelare i bambini. Ad aprile il tribunale emette un’ordinanza provvisoria nella quale dà mandato ai servizi sociali di intraprendere una serie di interventi anche di supporto psicologico. Adesso si aspettano nuove decisioni del tribunale per i minori. Che non potranno non tenere conto di quanto accaduto negli ultimi giorni.

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