21 settembre 2021 - 17:49

Don Spagnesi, il parroco pusher indagato per tentate lesioni. «Festini con 30 persone, nascose ai partner la sieropositività»

Il parroco-pusher Don Spagnesi è indagato anche per tentate lesioni gravissime: due frequentatori abituali dei festini sono risultati sieropositivi

di Giorgio Bernardini

shadow

Don Francesco Spagnesi è sieropositivo e potrebbe aver contagiato alcune delle decine di persone che hanno partecipato ai festini a base di droga e sesso. Per questo, il prete quarantenne arrestato martedì – e già accusato di traffico internazionale di droga, spaccio e appropriazione indebita - da ieri è indagato anche per tentate lesioni gravissime. La procura ha riscontrato che l’ex parroco della Castellina non avrebbe fatto menzione del virus sessualmente trasmissibile con alcuni dei suoi partner. La prima vittima sarebbe proprio il suo compagno, Alessio Regina, anche lui agli arresti domiciliari per spaccio e traffico internazionale di droga dal 27 agosto, il giorno da cui l’inchiesta trae origine.

Nell’abitazione dell’uomo — dove don Francesco viveva stabilmente da due anni e dove si svolgevano i festini – c’è stata ieri una nuova perquisizione della polizia. Al compagno è stato fatto il prelievo del sangue per verificare se abbia contratto la malattia. Dall’interrogatorio di garanzia di don Spagnesi, lunedì, è emerso che agli incontri sessuali che la coppia organizzava con altre persone avrebbero partecipato con regolarità 20 o 30 persone. Due di queste, secondo quanto riferiscono gli investigatori, hanno già dichiarato di essere sieropositive. La pericolosità sociale dell’eventuale comportamento dell’ex parroco della Castellina, dunque, avrebbe spinto la procura a indagarlo per questo nuovo tentato reato, il 583 del codice penale, che prevede pene da 6 a 12 anni. L’ex parroco, già sollevato dall’incarico dal vescovo pratese Giovanni Nerbini, aveva dichiarato agli inquirenti di aver avuto rapporti protetti con i partners, oltre che di «tenere sotto controllo la propria carica virale». Tuttavia, alcuni dei 15 testimoni sentiti dai magistrati fino ad oggi, smentirebbero queste circostanze. Perché si realizzi una condotta penalmente rilevante, secondo la giurisprudenza, è necessario che la persona positiva all’Hiv sia consapevole del proprio stato, avendo ricevuto una diagnosi di sieropositività. Il religioso era informato del suo stato di positività al virus da molti anni, così come lui stesso ha spiegato agli investigatori. Perché si possa ravvisare una responsabilità penale è sufficiente che il soggetto sia consapevole del rischio che dalla propria condotta derivi il contagio del partner. «La sieropositività di don Francesco era un fatto noto. Il punto — commenta uno dei suoi avvocati, Federico Febbo — è che per quest’accusa ci vogliono due presupposti, che la persona non abbia seguito le terapie e che quindi fosse contagiosa, oltre che abbia avuto rapporti non protetti».

L’indagine sul prete era partita dopo che il suo compagno aveva ritirato da uno spedizioniere la droga dello stupro. Secondo la ricostruzione della procura lo stupefacente veniva fornito assieme alla cocaina agli avventori dei festini della coppia, che si tenevano «ogni sette-dieci giorni». Ma il consumo della polvere bianca era smodato soprattutto da parte della coppia Spagnesi-Regina. Consumo finanziato l’acquisto con i soldi delle offerte e del conto corrente della parrocchia della Castellina.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT