28 luglio 2018 - 10:17

Renzi e la cena (anti depressione)
sull’Aventino

Toscani (quasi) al completo all’incontro

di Paolo Ceccarelli

La Residenza Lavernale di Roma, dove si è tenuta la cena tra i renziani La Residenza Lavernale di Roma, dove si è tenuta la cena tra i renziani
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«Ragazzi, non andiamo in ferie depressi». Matteo Renzi lo dice ai parlamentari e dirigenti renziani riuniti in quella che è stata ribattezzata «la cena dell’Aventino», perché si è svolta giovedì sera in una villa sul colle di Roma. Una location suggerita dal deputato romano Luciano Nobili e subito scelta da Renzi. «Si sa che Matteo ha il gusto della provocazione», dicono un po’ divertiti e un po’ sconsolati i renziani.

A livello politico però è stato un Aventino all’incontrario. Un’occasione per dire in modo chiaro che l’ex premier non rinuncia alla sua leadership e anzi suona la carica ai suoi fedelissimi, non pochi dei quali gli stanno facendo da un po’ di tempo una domanda che suona più o meno così: «Matteo, che intenzioni hai? Continui a guidare questa area politica o vuoi fare altro, ad esempio televisione?» (riferimento al format tv su Firenze a cui Renzi sta lavorando con il produttore Lucio Presta). Nella villa sull’Aventino Renzi risponde così a dubbi e tormenti: «Basta con la depressione. In questo Paese c’è uno spazio politico che non sarà mai coperto da Lega e Cinque Stelle. Noi ripartiamo in autunno con la Leopolda (in programma dal 19 al 21 ottobre, ndr)».

Ad ascoltarlo ci sono 140 tra deputati, senatori e membri della direzione Pd. La pattuglia toscana è presente a ranghi quasi completi, da Luca Lotti a Francesco Bonifazi e al futuro consigliere del Csm David Ermini, passando per l’ex sottosegretario Antonello Giacomelli e le senatrici Caterina Bini e Caterina Biti, che a fine serata risulteranno le regine dell’obolo versando oltre 100 euro a testa a fronte di una richiesta di 50 euro per pagare i costi della cena. E gli assenti sono giustificati, come l’ex ministro Valeria Fedeli e la deputata Rosa Maria Di Giorgi, che pure nelle ultime settimane ha criticato in modo netto la gestione del partito: entrambe avevano impegni già presi e non rinviabili. «Insomma non ci sono scenditori dal carro: non è poco, considerata la botta del 4 marzo...», è la riflessione che fanno i renziani toscani. Ma quello che succederà dopo l’estate resta un rebus. A cominciare dai candidati al congresso regionale e nazionale. Il partito toscano continua a reggersi sull’asse tra Giacomelli e Lotti — da cui in tanti giovedì sera sono stati a colloquio: «Sembrava ancora il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio», è la battuta che gira — e per la segreteria resta in pista il nome di Massimiliano Pescini, sindaco di San Casciano. Ma l’appoggio di tutti i dirigenti renziani, scongiurando così altre candidature che spaccherebbero l’attuale maggioranza, non sarà automatico. Tra i consiglieri regionali ad esempio serpeggiano dubbi e malumori. «Vanno convinti, anzi prima vanno coinvolti», ammette un dirigente con ruoli nazionali. E poi a più di un renziano risuonano in testa alcune parole pronunciate da Renzi. «Senza di noi il Pd muore» e «la Leopolda non sarà solo una cosa del Pd ma dovrà essere una cosa più larga». Perché se nel partito nazionale dovesse prevalere la linea per il dialogo con i 5 Stelle o una linea alla Nicola Zingaretti, il prossimo Aventino potrebbe essere quello su cui fondare una nuova forza politica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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