29 maggio 2019 - 09:13

Il Pd e la Regione in bilico, spunta l’idea liste civiche

Le mosse in vista del 2020: Gelli ci pensa, Giani convoca un incontro «programmatico»

di Mario Lancisi

shadow

Giugno 1970. Nasce la Regione Toscana, primo presidente Lelio Lagorio, giunta Pci-Psi (insieme ottengono alle elezioni oltre il 50% per cento dei voti, mentre la Dc si ferma al 30). Da allora, per mezzo secolo, nelle cartine geografiche della politica la Toscana è stata colorata con il rosso. Il centrodestra non è stato mai un pericolo concreto. Solo nel 2000 Altero Matteoli raggiunse il 40 per cento dei voti. Il massimo storico, anche se tanti voti non furono sufficienti a sconfiggere il candidato del centrosinistra Claudio Martini.

Cinquant’anni dopo però il centrosinistra rischia, per la prima volta, di perdere la guida della Regione. La sfida questa volta infatti si annuncia aperta e incerta. Si parte dal 33,3 per cento del Pd alle Europee. Il che non è un brutto dato, grosso modo equivale ad esempio al 36,3 dei Ds nel 2000. Solo che allora Martini vinse con il 49,3 grazie ai voti della sinistra radicale e dei Verdi. Il problema numero uno del Pd quindi è quello di trovare gli alleati per vincere perché rispetto al passato manca al centrosinistra la gamba di sinistra. Accordi possibili con il M5S vengono esclusi e il modello che nel Pd hanno in testa, soprattutto dopo il voto di domenica, è quello di Firenze e di altri Comuni come Follonica, in cui la seconda gamba dell’alleanza è stata realizzata con liste civiche su temi quali ambientalismo, cittadinanza e volontariato.

«Bisogna qualificarsi su contenuti e proposte legate al territorio e persone che siano riconoscibili con il lavoro e la rappresentanza locale. Guai a ripetere una campagna tutta basata sui temi nazionali e sullo scontro ideologico», sostiene il capogruppo regionale del Pd Leonardo Marras.

Il centrosinistra inoltre viene da cinque anni di sonore sconfitte. Ha cominciato nel 2014 con Livorno, la città dove è nato il Pci, e a seguire ha perso la guida di comuni capoluoghi come Massa, Carrara, Grosseto, Pisa, Arezzo, Pistoia e Siena. In queste città si è affermata una nuova classe dirigente e si sono formate nuove reti di potere che sicuramente incideranno in qualche misura sulle prossime elezioni regionali. Il candidato del Pd per le elezioni regionali non potrà avere più, come in passato, riferimenti nei sindaci delle città, ad eccezione di Dario Nardella appena riconfermato alla guida di Firenze, di Alessandro Tambellini a Lucca mentre Matteo Biffoni a Prato saprà se sarà confermato solo nel ballottaggio del 9 giugno prossimo.

Nessuno si nasconde che il problema numero sarà la scelta del candidato alla successione di Rossi. Sì, perché i casi felici per il Pd, da Firenze a Capannori, hanno tutti per protagonisti sindaci uscenti. Alle prossime Regionali invece il Pd dovrà scegliere un candidato nuovo per la sostituzione di Rossi, nel frattempo tornato nei Democratici. Molti già scalpitano, da Eugenio Giani a Federico Gelli. Giani per il 18 giugno organizzerà quella che definisce «una chiacchierata programmatica sui problemi regionali». Minimizza: nulla a che vedere con le elezioni, assicura, ma nei palazzi della Regione è già fibrillazione. Intanto commenta il voto di domenica come un successo per il Pd. Che definisce promettente in vista delle Regionali, elezioni — sostiene — più simili a quelle per i Comuni che per il parlamento. E lui i Comuni della Toscana, in questi anni, li ha girati tutti, uno per uno, angolo per angolo. Il suo sogno è stato sempre quello di fare il sindaco di Firenze, ma non ci è riuscito. Ora punta probabilmente a fare il sindaco della Toscana.

Ci riuscirà? Per ora i possibili candidati stanno a vedere cosa succede, cosa diranno Zingaretti e Renzi. Molto probabile che alla fine il Pd ricorra alle primarie con il rischio di tempi lunghi e possibili veleni. Lo spettro dell’autogol è dietro l’angolo, da Roma Zingaretti ha già fatto sapere che dopo la perdita del Piemonte, l’Emilia Romagna e la Toscana sono le ultime roccaforti rosse. Da difendere a tutti i costi. La ripartenza del Pd di Zingaretti, se ripartenza sarà, si giocherà molto sulle Regionali toscane. Forse anche per questo Susanna Ceccardi, la Zarina di Salvini, è già pronta alla sfida. Brinda per le elezioni di domenica scorsa e prepara la valigia per Strasburgo. Andata e ritorno (presto). Sì perché la sua vera ambizione è diventare il prossimo anno la prima presidente donna della Regione Toscana. Dice che con i voti conquistati dal centrodestra alle Europee (il 31,48 per cento della Lega, il 5,8 di Forza Italia e il 4,93 di Fratelli d’Italia) oggi lei sarebbe già insediata al posto di Enrico Rossi.

«Cautela Susanna, cautela…», raccomandano nel centrodestra. «Domenica sono andato a letto felice per il nostro successo in Toscana, grazie soprattutto ai voti riportati dalla Lega, ma poi nel pomeriggio successivo mi sono risvegliato con tutti altri dati», racconta il coordinatore regionale di Forza Italia Stefano Mugnai. Già, la dicotomia tra il voto per Bruxelles e quello per il proprio Comune.

Tre storie istruttive. Fucecchio, il paese di Indro Montanelli. La Lega stravince alle Europee, ma alle Comunali il sindaco uscente Alessio Spinelli (centrosinistra) si conferma con il 59 per cento. A Capannori Luca Menesini, Pd, è andato a dormire molto preoccupato: alle Europee il centrodestra ha conquistato il 52 per cento contro il 30 del centrosinistra. L’indomani il ribaltone: Menesini trionfa con il 56 per cento. Stessa storia a Follonica. Nella notte vince Salvini, poi alle Comunali Andrea Benini, centrosinistra, conquista la vittoria al primo turno.

Così in molti nel centrodestra parlano di flop, delusione, candidati sbagliati. Angelo Pollina (è stato vice presidente del Consiglio regionale per Forza Italia) sostiene che per vincere il centrodestra deve scegliere un candidato «moderato», proveniente dall’area più ricca e popolosa della Toscana (cioè dall’area compresa tra Firenze, Pistoia e Prato) e istruito perché «la Regione è una cosa seria». Come dire: vade retro Susanna…

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT