L’industria ceramica americana ha chiesto al Governo Trump di arginare l’importazione sregolata di piastrelle cinesi. Sulla scia di quanto già ottenuto dai produttori europei che, con l’introduzione dei dazi nel 2011 (poi prorogati fino al 2022 con aggravi tariffari che arrivano al 70%) sono riusciti a ridurre del 77% l’arrivo di merci sottocosto made in China e a ridare ossigeno all’industria ceramica.
L’annuncio arriva dal Tile Council of North America, associazione americana dei produttori di piastrelle ceramiche (circa 50 imprese che coprono il 30% del consumo interno), che l’11 aprile scorso aveva depositato una petizione al governo federale per chiedere l’imposizione di tariffe sull’import cinese “in quanto i produttori cinesi beneficiano di ampi sussidi pubblici e vendono negli Usa a prezzi bassissimi”. L’istanza statunitense inizialmente era è doppia rispetto a quella europea perché oltre a chiedere dazi anti-dumping chiedeva anche countervailing duty, ovvero misure compensative dei sussidi statali. E’ di ieri la notizia che probabilmente su questa richiesta si soprassiederà, per agevolare la stipula di un accordo senza misure punitive al fine di sbloccare l’impasse nei colloqui sul commercio tra le due prime potenze economiche al mondo.
Ora la Federal trade commission ha 45 giorni per valutare la petizione e in 6 mesi potrebbero entrare in vigore i dazi provvisori.
L’introduzione di questa nuova regolamentazione favorirebbe anche i ceramisti italiani che sono i primi partner commerciali degli Stati Uniti (tra export made in Italy e produzione in loco di fabbriche italiane le piastrelle tricolore valgono il 31% del mercato oltreoceano, 3,7 miliardi di dollari), reduci come i produttori Tcna da un 2018 difficile (-5% l’export italiano).
I dazi potrebbero avere effetto se le aliquote applicate fossero simili a quelle massime imposte in Ue, perché le piastrelle cinesi partono da prezzi attorno ai 7 dollari, contro il doppio delle piastrelle italiane, ha sottolineato il presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani.