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Segui Marie e scopri che la via del femminismo passa da Beirut

di Angiola Codacci-Pisanelli   25 gennaio 2022

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Cinque donne in lotta contro il patriarcato, per il voto, per la libertà. Il movimento per i diritti delle donne e la Storia del Libano si intrecciano in un graphic novel a più voci. Che merita di essere letto e imitato. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale arabo-islamica

Il femminismo è fatto di storie, storie di donne anticonformiste e coraggiose che si passano il testimone, di decennio in decennio, di generazione in generazione, per costruire e mantenere una parità di diritti e responsabilità che viene continuamente rimessa in discussione. È bello leggere queste storie, e sarebbe bello leggerne provenienti da tutto il mondo: non solo dal Libano, da dove arriva il progetto “Where to Marie”, un fumetto nato dal lavoro di un gruppo di scrittrici, illustratrici, traduttrici.

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Il risultato è un libro fuori diritti, che tutti possono scaricare gratuitamente, in arabo o in inglese, dal sito wheretomarie.net. Un volume unico che sarebbe bello vedere stampato su carta e che dovrebbe essere il primo di una serie: per poter leggere presto il percorso delle Marie italiane, francesi, spagnole, inglesi, tedesche…

Il testo è firmato da Bernadette Daou e Yazan al Saadi. Daou si è laureata a Beirut con una tesi sul femminismo libanese, che è alla base di questo lavoro: «Ho dovuto scrivere la tesi in francese, ma per il fumetto sono dovuta passare all’arabo classico», ha raccontato in una lunga intervista al sito libanese The Public Source che ha coinvolto tutti i protagonisti dell’impresa. La scelta del graphic novel si deve ad al Saadi, graphic journalist siriano-canadese, l’unico uomo del gruppo: «Ho scelto questo format perché sono fanatico dei fumetti e perché c’è una lunga storia di fumetti arabi», ha spiegato. «È un genere che dovremmo usare molto di più come mezzo per condividere pensieri e idee».

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Le illustrazioni sono state divise tra cinque artiste: Rawand Issa, Razan Wehbi, Tracy Chahwan, Joan Baz, e Sirene Moukheiber. I loro stili personali sottolineano la diversità dei personaggi e scandiscono il passare del tempo nel racconto, ispirato a storie vere, di protagoniste delle lotte femministe in Libano dalla nascita del Paese a oggi. Il sito è curato da Layal Khati, la grafica da Rawand Issa, la traduzione dall’arabo all’inglese è di Lina Mounzer, scrittrice e collaboratrice di New York Time, The Baffler, Paris Review. I finanziamenti invece sono arrivati dal Rosa Luxemburg Stiftung di Beirut.

Si parte con la Maria del titolo, che è cristiana in un contesto principalmente musulmano. Nasce «prima che nascesse il Libano», sotto il mandato francese. Lascia la scuola perché suo padre ha un incidente di lavoro e non può più lavorare: non c’erano diritti dei lavoratori, men che mai per le lavoratrici, che erano però in prima fila nelle proteste che ottennero la prima legge sul lavoro. Maria entra a far parte della lega che chiede i diritti delle donne a partire dal voto: la vediamo chiedere firme in fabbrica, in chiesa, per ottenere un diritto che arriva solo dopo il 1950.

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Nidal invece nasce «sotto una nuvola nera», quando i sogni di libertà si infrangono contro la “nakba”, la sconfitta dei paesi arabi uniti conto la neonata Israele dopo guerra dei sei giorni. Dopo la guerra, il sogno della “Svizzera del Medio Oriente” si infrange contro la crisi economica. Proteste, controlli di partito, guerra civile in arrivo… Nel Libano multiculturale sposa un druso (lei è sciita) ma la gioia del matrimonio si spezza subito sotto l’invasione israeliana: l’assedio di Beirut, i massacri, i giovani che lasciano il Libano o rinunciano ad avere figli.

Dopo Nidal il testimone del racconto passa a Haifa, che attraversa gli anni Novanta e la globalizzazione del femminismo, e a Noor, che accompagna il lettore ai giorni nostri. E poi c’è Lara, la femminista di oggi che con il suo racconto lega le quattro biografie: e che ricorda al lettore occidentale pagine di cronaca già dimenticate, come la seconda intifada, e altre ancora aperte, come la vita durante la pandemia.

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Passa attraverso le loro vite il racconto del cambiamento nella società libanese. Tra le fonti, oltre alla bibliografia citata in fondo al libro, ci sono state le interviste con le protagoniste delle lotte, di differenti generazioni, ma anche foto, film, libri e articoli, oltre alle esperienze personali di Daou e delle illustratrici.

Anche se lo scopo del lavoro non è «una storia completa di questi movimenti», il risultato è comunque una storia del Libano dal mandato francese a oggi. La lotta per i diritti femminili infatti si intreccia, con la lotta di classe e con le crisi che hanno portato periodicamente il paese a cadere in guerre, invasioni, terrorismo, fino alla catastrofica esplosione del porto di Beirut nell’agosto del 2020.

La lotta per i diritti delle donne diventa così un filo rosso che lega, attraverso le vite delle persone, un secolo di Storia. Con una certezza: che non il femminismo è «un’ideologia straniera ‘imposta’ dal colonialismo”, né “un vettore di occidentalizzazione”, secondo le critiche che arrivano dai settori più fondamentalisti e patriarcali della società araba. Ma non è neanche un patrimonio precostruito da esportare tra donne che hanno solo da imparare, come pensano spesso uomini e anche donne occidentali.

Al contrario, spiega l’introduzione, «i movimenti femministi della regione sono nati e cresciuti nel contesto dei movimenti nazionalisti e comunisti e sono stati parte delle lotte per la liberazione nazionale». Una lotta contro il patriarcato ma anche contro il colonialismo: «Le donne si sono battute a lungo contro i poteri coloniali per l’uguaglianza e la giustizia sociale, e anche l’intera struttura sociale patriarcale che le mette in atto». È sorprendente che sia stato possibile raccontare tutto con l’immediatezza e l’apparente leggerezza di un graphic novel.