Quirinal Game

La rosa di Matteo Salvini, Franco Frattini e il modello Caracas

di Susanna Turco   25 gennaio 2022

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Si apre il giorno decisivo per concretizzare il trasloco di Draghi al Colle. Ieri nulla di fatto: sia nel primo scrutinio (672 schede bianche), sia nei vertici col premier e tra leader: incapaci di costruire il gioco. A Palazzo le alternative all’ex capo della Bce sono considerate nulle: «Come paragonare New York con Caracas». Unica eccezione: Casini, che attende in penombra

La vigilia era il caos, il primo giorno abbastanza un disastro e oggi, nella seconda votazione alla Camera per eleggere il presidente della Repubblica, siamo alla giornata decisiva. Dopo gli incontri tesi del premier con Matteo Salvini e con Giuseppe Conte – sono loro i maggiori “avversari” dell’ipotesi Draghi al Colle, il terzo è il dem Dario Franceschini - si vedrà nelle prossime ventiquattr’ore, infatti, se il trasloco del presidente del Consiglio a Quirinale sia in grado di consolidarsi. Il tempo della prima votazione – fumata nera come da indicazione dei partiti, con 672 schede bianche e Paolo Maddalena il più votato con 40 preferenze – se ne è infatti andato tutto in una girandola di incontri tra leader e di bilaterali col presidente del Consiglio, nei quali i protagonisti, come usciti da un imbambolamento collettivo, hanno affrontato per la prima volta concretamente la partita del Colle. Che prevede una subordinata non facile da risolvere, in caso di trasloco: la composizione del nuovo governo.

Ecco, nella risoluzione di questo rebus si è verificato uno strano fenomeno, che ha dominato l’intera giornata: Mario Draghi incapace di costruire un feeling coi partiti durante gli incontri (lui descritto come «troppo rigido», e d’altra parte nessuno che sia uscito contento, in specie Matteo Salvini) i partiti incapaci sia di costruire convintamente la sua ascesa al Quirinale, sia di attivare un’alternativa vera.

Di colpo, infatti, la girandola dei tanti nomi possibili s’è come azzittita. Ci sono, ma non convincono nessuno. Come racconta un Grande elettore di centrodestra, di fascia alta: «La rosa dei candidati al Quirinale mi ricorda quel gioco in cui elenchi le tue città preferite: c’è chi comincia da New York e chi da Parigi, ma per tutti l’ultima della lista è, per dire, Caracas. Ecco: ce la giochiamo al livello Caracas». Non solo – nel ragionamento del Grande Elettore - per quel che riguarda i nomi ipotizzati dal centrosinistra (Andrea Riccardi, Filippo Patroni Griffi, Giuliano Amato, Paolo Gentiloni), ma anche per quel che riguarda il centrodestra: Franco Frattini, Giulio Tremonti, Carlo Nordio, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Letizia Moratti non avrebbero sostanziali possibilità di crescita.

L’unico che sfugge a questa gabbia è Pier Ferdinando Casini. Non essendo un nome avanzato da un particolare schieramento (a parte Renzi che per primo lo caldeggiò), ma avendo sostanzialmente buoni rapporti con tutti, persino coi grillini, l’ex presidente della Camera continua ad incarnare l’alternativa diciamo politica a quella tecnico-banchiera di Mario Draghi. La revanche dei partiti, insomma.

I sostenitori di Casini tendono abbastanza a coincidere con i principali avversari di Draghi. Primo fra tutti Dario Franceschini, che non ha mai instaurato un buon rapporto con il presidente del consiglio, che avrebbe da una sua ascesa tutto da perdere, e che intanto utilizza il suo potere di interdizione anche in chiave interna al Pd, diminuendo il margine di azione di Enrico Letta (che è pro-Draghi). C’è poi l’occhio favorevole di Giuseppe Conte, il principale sconfitto di un anno fa, quando l’ex presidente della Bce arrivò a Palazzo Chigi per sostituirlo: il capo del Movimento Cinque stelle, in questo momento, sta attento a tenere insieme tutte le anime di un partito che come nella migliore delle tradizioni politiche è per tre quarti composto da persone che vorrebbero farlo fuori, e per quattro quinti da parlamentari che temono la fine anticipata della legislatura.

C’è infine Matteo Salvini che, pur senza essere apertamente un sostenitore di Casini, non è di certo uno dei più brillanti sostenitori di Draghi: anche lui del resto fu condotto dentro il governo obtorto collo, principalmente grazie all’azione di Giancarlo Giorgetti.

Ma tutto questo potrà cominciare a vivere solo se nelle prossime ore non si dovessero concretizzare i margini del trasloco di Draghi al Colle, che al momento resta l’ipotesi principale.