Lo scontro nel partito

Matteo Salvini chiede a Draghi la testa di Giancarlo Giorgetti. E il ministro gliela porge

di Carlo Tecce   25 gennaio 2022

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Il capo della Lega pone come condizione la cacciata del compagno di partito dal governo, che sia ancora dell’attuale premier o di un altro tecnico. Le trattative per il Quirinale partono da un rimpasto e da una guerra fratricida

Premessa. Non pensate che alla Camera ci sia uno spirito laico che accompagna i grandi elettori nella scelta per il Quirinale. I capi di partito si muovono perlopiù per ambizioni e ossessioni individuali. Legittimo, però sia chiaro. Per non avventurarsi nel ridicolo.

Nell’ultimo periodo Matteo Salvini è guidato più dalle ossessioni che dalle ambizioni. Oltre a quella per Giorgia Meloni, il leghista non riesce a contenere l’ossessione per Giancarlo Giorgetti, compagno di partito, ministro dello Sviluppo Economico.

La rimozione di Giorgetti dal governo, di qualsiasi formato, nuovo o vecchio, ancora di Mario Draghi o di un altro tecnico, è una imprescindibile richiesta che Salvini pone per trattare sul Quirinale. Questo porta già a una prima conseguenza fin qui sottaciuta dai partiti di maggioranza: come si è intuito da mesi, il governo Draghi che ha giurato lo scorso anno è finito. Salvini pretende un rimpasto di governo comunque vada. Il rimpasto: rimescolare la stessa pasta con l’aggiunta di qualche ingrediente. La formula più stantia, deprimente, conservativa della politica nel momento in cui il mondo si interroga su guerre, virus, rivoluzioni culturali, economiche, geopolitiche. Il capo leghista si esibisce col rimpasto. Difficile più da comprendere che da spiegare. Salvini vuole lo scalpo di Giorgetti per dimostrare che ha il comando del partito. Un atto di forza diluito in un trattato di debolezza.

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Giorgetti entrò nel governo su indicazione («imposizione», per Salvini) di Draghi, tant’è che ha il ministero più influente dopo quelli affidati ai tecnici Vittorio Colao, Roberto Cingolani eccetera. Giorgetti è un leghista atipico, di rapporti internazionali e di rifugi montanari, non ha sbandato mai con Cina e Russia, non si è circondato mai di Gianluca Savoini, non ha per un motivatore un suocero come Denis Verdini.

Le ossessioni, però, non sono razionali: o si reprimono o si assecondano. Salvini non le tiene a bada. Ha un vantaggio sul punto: Giorgetti gli porge la sua sedia. Arrivederci. Una sedia che si libera altre che ruotano. E magari così si sblocca il negoziato per il Quirinale e il prossimo governo.