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Firenze, il cardinale Betori: "Ascoltiamo il grido dei poveri. La politica non sia un potere chiuso"

Nell'omelia della Epifania il richiamo alla solidarietà: "Così potremo uscire dalla nostre false certezze e incamminarci verso il mistero della persona umana"
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 "Nell'ascolto del grido dei poveri, che corrisponde allo sguardo rivolto alla luce di una stella, ci è dato di riscoprire il cuore dell'esistenza umana, ciò che è essenziale per ciascuno e quindi ciò che è fondamento per tutti. Nell'amore che i poveri chiedono come un gesto che crei un legame con loro è illuminata la verità sull'uomo che ciascuno è chiamato a ricercare, quanto precisamente fanno i Magi". Lo ha detto l'arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, nell'omelia della messa dell'Epifania in Duomo commentando il Vangelo con l'episodio dei Magi che adorano il Bambin Gesù.

"Il punto di partenza - ha spiegato il card. Betori - è dunque la ricerca, che sgorga da una mente e un cuore non appagati, ancora assetati di senso e di amore. C'è poi un percorso da compiere con coraggio anche nei momenti di oscurità e anche quando ci si imbatte in chi si pone come un ostacolo sul cammino. Al termine c'è l'incontro con il mistero della vita, racchiuso in un Bambino che ci si offre come presenza di Dio per noi, nostra salvezza".

Secondo l'arcivrescovo di Firenze, "se ci lasciamo risvegliare dal grido dei poveri, potremo anche uscire dalla nostre false certezze e incamminarci verso il mistero della persona umana che ci si offre nella sua fragilità assoluta e che è al tempo stesso il luogo in cui Dio ci viene incontro".  "Nell'ascolto del grido dei poveri, che corrisponde allo sguardo rivolto alla luce di una stella, ci è dato di riscoprire il cuore dell'esistenza umana, ciò che è essenziale per ciascuno e quindi ciò che è fondamento per tutti. Nell'amore che i poveri chiedono come un gesto che crei un legame con loro è illuminata la verità sull'uomo che ciascuno è chiamato a ricercare, quanto precisamente fanno i Magi". Lo ha detto l'arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, nell'omelia proclamata stamani in Cattedrale durante la messa per l'Epifania del Signore, commentando il Vangelo con l'episodio dei Magi che adorano il Bambin Gesù.

"Il punto di partenza - ha spiegato il card. Betori - è dunque la ricerca, che sgorga da una mente e un cuore non appagati, ancora assetati di senso e di amore. C'è poi un percorso da compiere con coraggio anche nei momenti di oscurità e anche quando ci si imbatte in chi si pone come un ostacolo sul cammino. Al termine c'è l'incontro con il mistero della vita, racchiuso in un Bambino che ci si offre come presenza di Dio per noi, nostra salvezza".

Secondo l'arcivescovo di Firenze, "se ci lasciamo risvegliare dal grido dei poveri, potremo anche uscire dalla nostre false certezze e incamminarci verso il mistero della persona umana che ci si offre nella sua fragilità assoluta e che è al tempo stesso il luogo in cui Dio ci viene incontro". I Magi "mostrano un'apertura della mente e una disponibilità della volontà che contrasta con la chiusura di chi esercita il dominio nel mondo ebraico del tempo, una chiusura che si esprime come paura e ostilità nell'autorità politica e come superficialità e indifferenza in chi ha in mano le chiavi del sapere culturale e religioso".
"Chi dovrebbe prendersi cura del benessere del popolo si mostra ostile, temendo di perdere il proprio potere; chi dovrebbe orientare l'esistenza del popolo verso il bene appare incapace di esercitare la propria responsabilità di guida e di compromettersi in prima persona nella ricerca", ha ripreso il cardinale Betori. "Il comportamento di Erode suona condanna di ogni potere chiuso nelle proprie visioni ideologiche, nei propri privilegi e interessi", ha continuato.
Oggi il Papa ci insegna a dilatare il nostro sguardo "verso le frontiere, verso quei margini della società dove vengono abbandonati coloro che fanno più fatica, subiscono oppressioni, scontano le debolezze causate dalle vicende della vita e i mali prodotti dalle violenze che si scatenano nella storia", ha concluso l'arcivescovo di Firenze.