Firenze

"Io, liceale esclusa perchè ebrea"

Il racconto di una ragazza sul treno della memoria

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Esclusa dai compagni di scuola, alle elementari come al liceo, solo perché "ebrea". Non è una storia di 80 anni fa quando essere ebrei significava, anche in Italia, essere discriminati, ma quanto raccontato da Eden, liceale pisana, da poco diciottenne, in viaggio con altri 500 studenti toscani con il treno della memoria.

Lei racconta la sua storia spiegando che in questi anni i compagni talvolta le hanno rinfacciato le sue origini. E sono volate, dice, parole pesanti. Qualcuno di loro ha rimpianto che non si fosse ai tempi della Seconda Guerra Mondiale e non ci fossero più i campi di sterminio, si legge in una nota della Regione Toscana che ha organizzato il treno della memoria. "A scuola a volte si prova a reagire - prosegue la studentessa - A volte si preferisce però il silenzio, per non far sapere. Per far finta che tutto vada bene ed invece è tutto il contrario".

Parole che fanno male soprattutto a chi appartiene a una famiglia che in quegli anni ha patito la deportazione. "Molti sono stati portati nei campi, tanti purtroppo sono morti ma qualcuno fortunatamente è anche sopravvissuto", dice Eden che parla di 'cattiverie scappate di senno, ma che fanno davvero male'.



In fila davanti al museo di Auschwitz, dieci gradi sotto zero e il sole che poco prima delle nove fa breccia in un cielo lattiginoso, Eden aspetta di entrare il giorno dopo aver visitato Birkenau. "E' tutta la vita - dice - che in fondo mi preparo a quest'esperienza". L'ha fatto a scuola, ma anche e soprattutto con il racconto dei genitori e dei nonni, cercando e trovando video sulla rete. "Non è facile ascoltare ma non si può neppure tenere dentro - si sofferma -, anche se doloroso. E' importante essere testimoni", per combattere anche quell'antisemitismo che lei in più occasioni ha patito: ora cerca quasi di non arrabbiarsi più. Si fa finta di niente, ma accade.

Del resto un'altra liceale di Montepulciano (Siena), Giulia, in viaggio con lei, involontariamente conferma le sue parole: "Un po' di tempo fa c'era vergogna ad ammettere di essere razzisti. Oggi quasi ci si autoassolve con una giustificazione".

Il razzismo sopravvive in città come nei piccoli paesi, tra stereotipi e chiusure. "E non riguarda solo gli ebrei - dice Tommaso, quarto anno in un istituto tecnico a Borgo San Lorenzo - ma gli omosessuali e gli immigrati ad esempio. Da noi ci sono tanti ragazzi che arrivano dai Balcani, dall'Albania ma non solo, ed ho amici che hanno pregiudizi e stereotipi. Dobbiamo ricordare, non dovremmo farlo solo il 27 gennaio e soprattutto non dovremmo mai smettere di contestualizzare". Pregiudizi che vive su se stessa Nancy, 17enne di Prato. Lei vuole andare all'Università ma ora a scuola solo una persona sa che vive in un campo nomadi. Non se ne vergogna, ma sa che a dirlo l'atteggiamento delle persone cambierebbe. "Quando le persone mi vedono non pensano che sia sinti. Ma se viene fuori non sono più Nancy e si allontanano, intimoriti da tutti gli stereotipi e pregiudizi che ci sono su di noi".