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Così il Movimento 5 Stelle spiega il suo no all’Ordine dei giornalisti

“L’ordine dei giornalisti non serve: aboliamolo”. Non ci sono troppe interpretazioni, né novità, sul fatto che il Movimento 5 Stelle voglia, da anni, abolire l’ordine dei giornalisti. Le battaglie contro un “ordine mussoluniano” (cit. Beppe Grillo) arrivano però da lontano, quando ancora il Movimento 5 Stelle non sedeva al governo, ma è di oggi il post pubblicato sul Blog delle Stelle con un titolo tutt’altro che difficile da interpretare.

Il post arriva all’indomani dell’apertura da parte dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia di una istruttoria contro Rocco Casalino (il portavoce del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, già capo addetto stampa del Movimento), protagonista delle polemiche seguite alla pubblicazione di un audio da lui inviato a due giornalisti, in cui attaccava i tecnici del ministero delle Finanze guidato da Giovanni Tria. Anche a questo fa riferimento il post pubblicato oggi sull’organo ufficiale del Movimento, in cui si elencano, secondo i 5 Stelle, casi di malainformazione non sanzionati dall’Ordine dei giornalisti, solo perché attaccavano le politiche del Movimento. “A cosa serve l’ordine dei giornalisti se non sanziona la diffusione delle notizie false e i comportamenti antietici di giornalisti mossi solo da interessi di partito e non dal desiderio di informare i cittadini? A niente – si legge -. Quindi aboliamolo. Il provvedimento è già sul tavolo del governo”.

Di informazione aveva parlato, poche settimane fa, anche Vito Crimi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Informazione e all’Editoria, secondo cui è necessario “liberare (per davvero) l’informazione italiana. E per essere libera, la stampa deve slegarsi dai soldi pubblici e dalla politica che li elargisce. Troppo spesso le aziende di Stato sono state trasformate in bancomat, sia per premiare, distribuendo finanziamenti sotto forma di inserzioni pubblicitarie a beneficio di questa o quella testata”.

Per farlo, scriveva Crimi, “è necessario incrementare la trasparenza negli assetti societari, recuperare la figura dell’editore puro, rivedere la distribuzione delle inserzioni pubblicitarie (in particolare delle aziende di Stato), superare definitivamente la dipendenza dei giornali dal finanziamento pubblico, andare oltre l’ordine dei giornalisti”.

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