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Oltre la crisi tra Russia e Israele. L’Iran prepara il terreno

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La Russia incolpa Israele per l’abbattimento dell’aereo IL-20 che sorvolava la Siria per raccogliere intelligence. Secondo un articolo pubblicato sul quotidiano Kommersant, che cita fonti del ministro della Difesa, F-16 israeliani si trovavano nello spazio aereo siriano quando l’aereo russo è stato abbattuto, dopo un’azione di attacco in Siria di cui non avevano dato comunicazione. La batteria contraerea in uso ai siriani avrebbe riconosciuto attività aeree nemiche, ma gli aerei israeliani si sarebbero nascosti dietro l’IL-20 russo, abbattuto per errore.

Gli israeliani non accettano questa versione, sostenendo che non c’erano aerei israeliani al momento dell’incidente. Israeliani, americani, australiani e alcuni Stati europei sono convinti invece che l’incidente sia pura colpa dei siriani, la cui batteria antiaerea, fornita dai russi, è attivata senza controllo russo. La Russia si trova di fronte al dilemma di giustificare un abbattimento da parte di uno Stato che sta aiutando, e che vuole continuare ad aiutare secondo mire geopolitiche sull’intera regione. L’ufficiale dell’aeronautica israeliana Shahar Shohat a confermato oggi alla radio Galei Tzahal che il coordinamento russo-israeliano prevede anche la comunicazione (oltre i 10 minuti) di quando avverranno gli attacchi israeliani.

La Russia deve trovare una giustificazione all’accaduto senza però venire meno al perseguimento dei propri interessi. Riconoscere che la colpa è esclusivamente siriana significherebbe interrompere i rapporti con un Paese sul quale finora ha investito troppo e da cui si aspetta un ritorno economico ingente. Il fatto che le voci critiche di Israele arrivino dal Ministero della Difesa russo e non da Putin in persona sarebbe un altro segnale, come il fatto che un simile incidente non ha ancora causato una crisi diplomatica di grandi proporzioni. Il quotidiano Novaya Gazeta critica il Ministero della Difesa accusandolo di sorvolare le prove fattuali per presentare una versione che ha più della cospirazione ebraica, con l’effetto di riportare la Russia ai tempi sovietici di inimicizia con Israele. Lo stesso quotidiano sottolinea che il Cremlino assicura che la cooperazione con Israele, definito “unico stato occidentale a non aver imposto sanzioni contro la Russia”, continuerà, e che le contromisure hanno il solo scopo di assicurare una maggior difesa delle truppe russe in Siria.

In risposta all’incidente, la Russia fornirà alla Siria la batteria anti-aerea S-300, con un sistema di riconoscimento del traffico aereo che potrà distinguere l’identità degli aerei in volo, capacità di multipli attacchi simultanei e un grado di precisione nell’attacco molto alta. Secondo Ran Shmueli, altro ufficiale dell’aeronautica israeliana oggi analista, il sistema S-300 è conosciuto in Israele, ma comporterebbe comunque grandi difficoltà di operazione in Siria.

Israele ha compiuto sinora oltre 200 attacchi contro obiettivi iraniani in Siria, compresi depositi di armi, missili e basi militari ed è intenzionata a impedire che le Guardie della Rivoluzione si avvicinino ai confini israeliani o creino in Siria depositi di missili che potranno abbattersi da un momento all’altro su Israele. Tra gli analisti israeliani c’è chi crede che nonostante le maggiori difficoltà Israele potrà continuare ad operare in Siria, anche perché non ci sarebbe alcun interesse russo contro Israele o alcun interesse israeliano contro la Russia. Allo stesso modo non c’è alcun interesse comune che porti Israele e Russia a un’alleanza o a un accordo.

Con un sistema di difesa antiaerea avanzato, l’Iran avrà più libertà di azione in Russia in due direzioni: anzitutto trasferimento di armi e missili in Siria e poi l’armamento di Hezbollah. A questo proposito la stampa iraniana e libanese offrono una prospettiva su cosa le Guardie della Rivoluzione ed il Partito di Allah libanese si stiano aspettando.

Il sito del quotidiano Javan, legato alle Guardie della Rivoluzione, riporta una serie di articoli sulla situazione che si è creata, descrivendola come una rivincita contro le aggressioni sioniste in Siria e la fine dell’alleanza tra Russia e Israele. In un’analisi firmata da Mohammed Baabaayi, ci si augura che Putin ottenga un “risultato storico” mettendo fine “all’aggressione sionista” per portare la pace in Siria, fermando anche la spietata lobby sionista a Washington per trascinare gli Stati Uniti nel conflitto.

Cosa significherebbe la pace in Siria? Un articolo pubblicato sul quotidiano libanese al-Akhbar, a firma di Amer Mohsen, analizza l’opportunità storica di una (non troppo futura) controffensiva contro il nemico sionista. Dopo la disparità di forza dovuta al maggiore sviluppo militare israeliano in campo aeronautico, gli Stati arabi sarebbero per la prima volta in parità con il “nemico sionista”. Quella che l’autore definisce “resistenza”, cioè Hezbollah, ha avuto a disposizione negli anni solo dei missili di poca portata, i katyusha, gli scud e qualche Fajr-5, a lunga gittata, che però “hanno saputo colpire più di un terzo della popolazione di Israele durante la guerra [del 2006]”. Oggi, dice l’autore sono i Fajr (alba) ad essere invece i missili meno potenti nell’arsenale della resistenza, che disporrebbe di “Fateh” (conquistatore) e “Zilzal” (terremoto), già in uso dalle Guardie della Rivoluzione in Iraq con risultati devastanti e precisi. I problemi per Israele, continua l’autore, sono due: il sistema anti-missilistico, che pur è preciso, non saprebbe far fronte alla pioggia di missili che potrebbe arrivare fino a Tel Aviv da qualsiasi postazione del Sud del Libano – i missili sono facilmente trasportabili, e a dire dell’autore la “resistenza” ne possiede un grande numero. In secondo luogo, Israele non ha, come altri Paesi, e per ragioni geografiche, delle fortificazioni o basi segrete, esponendo l’intero territorio a eventuali attacchi – facendo l’esempio del petrolchimico di Haifa, delle fabbriche di fertilizzanti al confine col Libano, dell’oleodotto di Ashdod.

Israele spera in un intervento degli Stati Uniti, per scongiurare una frattura con la Russia, i cui interessi sono ancora in rielaborazione – Putin, più vicino a Israele, non è la sola voce in campo, viste le posizioni del ministero della Difesa. Nell’immediato, il pericolo di un attacco iraniano attraverso Hezbollah è più prossimo, se le operazioni israeliane in Siria dovessero farsi più complicate e rischiose, considerato l’obiettivo siriano di colpire gli aerei israeliani. La prossima mossa sarà l’intervento di Netanyahu all’Onu, che indicherà la strategia elaborata dal Gabinetto di Sicurezza.

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