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In Africa con CinemaArena, l’iniziativa della Farnesina per una migrazione consapevole

Un cinema all’aperto, le immagini che scorrono sullo schermo, un momento di distrazione e di divertimento che diventa momento di relazione e strumento di informazione. Tutto questo è CinemaArena, l’iniziativa di cinema itinerante creata dal ministero degli Esteri italiano in collaborazione con l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e il Viminale e finanziata dal fondo per l’Africa. Al centro del progetto la prevenzione e il dialogo che sono alla base di una corretta informazione sui rischi delle traversate che quotidianamente i migranti affrontano per raggiungere le coste europee.

L’iniziativa, promossa sin dal 2002, si è mossa nei villaggi più sperduti dell’Africa. Dal Senegal, alla costa D’Avorio, alla Guinea e al Niger, entrando in contatto diretto con la popolazione locale, si spostano un camion con il suo telone bianco sul quale, ogni sera, dopo il tramonto vengono proiettati film di intrattenimento. L’aggregazione popolare che ne consegue è la forza primaria del progetto. La gente accorre e, tra una risata e l’altra diventa più semplice parlare dei rischi dei viaggi della speranza.

“Non un modo per dissuadere chi vuole partire, ma per consentire una scelta consapevole dei rischi a cui va incontro chi vuole lasciare la sua terra”, ha spiegato Luigi Maria Vignali, direttore per le Politiche Migratorie del ministero, presentando l’iniziativa alla Farnesina.

D’altronde il cinema può essere uno strumento efficace anche per coinvolgere i più piccoli, che, come afferma sempre Vignali, rappresentano circa il “15% di chi parte”. E ancora: “Le trappole e i gravi pericoli che il viaggio riserva ai minori non accompagnati – ha continuato Vignali – sono sconosciuti alle tante famiglie che, sperando per loro in un futuro migliore, affidano i propri figli ai trafficanti”.

Paolo Cuculi, vicedirettore generale per la Cooperazione allo sviluppo della Farnesina, inoltre, ha sottolineato proprio l’importanza del coinvolgimento della società civile locale: non solo per “evitare di paracadutare un progetto da fuori”, ma anche per sviluppare nuove prospettive di dialogo, dando “possibilità di rientro” a chi è presente sul nostro territorio e, dopo aver acquisito competenze, desidera rientrare nel proprio Paese. Dello stesso parere anche Bruno Corda, vice capo dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno: “Riuscire a far capire le prospettive che si offrono a chi riuscisse ad accedere all’Italia” passa da una maggiore “interazione con le persone” sul posto, per “non affidarsi solo a cifre e statistiche” e dare un volto vero, reale e tangibile al fenomeno.

Dunque divertimento e sensibilizzazione, per un progetto che si estenderà a macchia d’olio sul territorio, raggiungendo, da questo mese fino ad aprile, circa 200 villaggi in 40 aree diverse del continente. Un percorso lungo e tortuoso, come lunghi, tortuosi e rischiosi sono i viaggi intrapresi ogni giorni da migliaia di africani in cerca di un futuro migliore e che, puntualmente, si trovano ad dover fare i conti con una realtà molto diversa da tutto quello che viene prefigurato loro.

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