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Peppone cade, don Camillo resta in piedi Svelato il mistero del “Mondo Piccolo”

stefano scansani
Peppone cade, don Camillo resta in piedi Svelato il mistero del “Mondo Piccolo”

Bersaglio comunista. Rispetto alla statua del prete quella del sindaco è oggetto di maggiore passione e pressione dei turisti Il crollo del bronzo la mattina del 31 dicembre prolunga l’italica fantasticazione. Se ci fosse ancota Giovannino Guareschi...

04 gennaio 2019
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nuovo capitolo

stefano scansani

L’è casché. È caduto. Dalla mattina del 31 dicembre il gelo che fa battere i denti alla Bassa sigilla due segreti. Due fra i tanti. Perché il Mondo Piccolo è zeppo di misteri, anzi no, di superstizioni (per imbarazzare i cattolicissimi). Le domande che si rincorrono fra i pioppi e i campanili sono queste (per imbestialire i comunistissimi): da quale parte è caduta la statua di Peppone: a destra o a sinistra? E di quell’altra statua in opposizione, che se ne sta dritta e stabile nel cantone estremo della piazza, quella di don Camillo, perché nessuno parla?

superstizione

La gente che ha letto Guareschi, che è nata nella patria anfibia del Po, mezza terra e mezz’acqua, che non si stufa d’essere italiana nel rivedere i film con Gino Cervi e Fernandel, può riconoscere nella caduta della statua di Peppone nella piazza di Barsèl, di Brescello, un segno letterario. La superstizione della fantasia, appunto.

A dar ragione a questa interpretazione ideologica e perciò vecchissima, arriva in aiuto l’abitudine nuovissima dei commenti sui social: molti intravedono nella caduta della scultura la fine del comunismo, quello italico, appunto pepponista: duro e buono, testardo e tardo, intruppamento e commozione, Lenìn e rosario.

profetico

Dal 31 dicembre lievita la fantasticazione che pretende di vedere nel capitombolo della scultura un’evocazione della sconfitta del Pd del 4 marzo scorso, un avvertimento profetico circa le future elezioni che in terra emiliana saranno imprevedibili, storte e ritorte come un meandro del Po dove s’incastrano le province di Reggio, Parma e Mantova.

trinariciuto

Ma che cosa c’entra Peppone Bottazzi col Pd, o con un Matteo Renzi più chierico di don Camillo che compagno col fazzoletto rosso, con un Martina o uno Zingaretti? Loro (questi ultimi) sono temporanei, durano una stagione, al contrario del sindaco di Guareschi: egli, baffuto e pronto alla baruffa, rappresenterà il comunismo incarnato in Valpadana per sempre. Lui è il trinariciuto, criptocattolico, laico, compagno, ora pro nobis, che sta in ognuno di noi, più o meno.

sputnik

La caduta del bronzo sembra prolungare la narrazione di Guareschi. Chiama alla memoria – così, di botto, dunque dal subconscio – la rovina di un altro oggetto dello stesso metallo. La campana, cioè il sacro bronzo issato davanti alla chiesa dall’amministrazione bolscevico-padana, nel film “Don Camillo monsignore… ma non troppo”, che precipita proprio su Peppone nella stessa, identica, precisa piazza brescellese 58 anni dopo.

La fatale piazza Matteotti, set dove si fronteggiano chiesa e municipio, l’argine fa da orizzonte, la politica rurale che fa da biosfera.

In memoria di quella scena, proprio la campana – nota con il nome cosmonautico sovietico di Sputnik – sta oggi appesa sotto i portici di via Giglioli.

compagno bronzo

Quindi quella campana non è un sacro bronzo. Il compagno bronzo da film (chiamiamolo così) è di materiale effimero e leggero, vetroresina, e già nella sceneggiatura era stato politicamente depotenziato con la privazione del batacchio, portato via da un ladro, don Camillo mandante. I fantasticanti della Bassa trovano soddisfazione. È caduta la statua di Peppone, non quella di don Camillo, così che il fatto sembra prolungare il conflitto fra il sindaco e il prete nonostante siano fatti della stessa pasta, e metallo.

modellate insieme

Le due figure infatti sono state modellate insieme, con la stessa creta cattocomunista proveniente dall’Emilia, in sincronia, diciotto anni fa, addirittura in territorio neutrale, ben oltre lo zigzagare del Po, a un tiro di schioppo dal lago di Garda. Questi amatissimi simulacri di Peppone e don Camillo portano la firma di Andrea Zangani. L’artista, oggi 49enne e progettista di case di lusso in giro per il mondo (quello grande) diede loro forma nel suo laboratorio di Castiglione delle Stiviere, sul labile confine morenico fra Mantova e Brescia, storicamente più bianco che rosso. Più Mira il tuo popolo che Bella Ciao. Zangani alla notizia della caduta di Peppone s’è detto sorpresissimo. S’è subito informato e premurato che il capitombolo dell’omone in lega di rame e stagno non avesse fatto male a nessuno. Ha ricordato che l’ancoraggio a terra delle due figure venne approntato a regola d’arte e che nel tempo sono avvenuti controlli, che i contatti col presidente della Pro loco Gabriele Carpi sono stati costanti.

stesso peso

L’unica differenza statica fra i due bronzi sta nel dinamismo più accentuato e articolato di Peppone-Cervi che con una mano leva il cappello in segno di saluto e con quell’altra porta una borsa da parlamentare neoeletto. Più statico il ritratto di don Camillo-Fernandel, forse per la massa dell’abito talare che gli fa da ombrello, paracadute, parasole, contrappeso, forzutaggine.

Indvinèll. Enigma. Perché Peppone è caduto mentre dall’altra parte don Camillo è ancora lì che benedice e se la ride? Eppure entrambe le statue hanno lo stesso peso, circa 200 chili e, più o meno, analoga altezza.

Zangani prima di mettersi al lavoro per i nove mesi necessari pretese di conoscere le stature di Cervi morto nel gennaio di 45 anni fa e Fernandel deceduto nel febbraio del 1971, e le riprodusse tali e quali, in scala 1:1 tanto che all’inaugurazione Tonino, il figlio dell’attore bolognese, si complimentò riconoscendo le proporzioni del padre.

che cosa è capitato

Di conseguenza aleggia il sospetto che sia capitato qualcosa di meccanico. Lo sborlòun. La spinta. E qui s’infrange l’invenzione letteraria, la superstizione politica. Iniziano le congetture pratiche.

Può darsi che Peppone abbia subìto più sollecitazioni che don Camillo. Perché sempre in crisi, il comunista. E allora foto, selfie e controselfie, ritratti di gruppi e di singoli, turisti e patiti guareschisti, mangiapreti e marxisti in posa a braccetto con la statua, carezza, sberla, sorriso, bacino, addirittura in groppa...

Alla fine un colpo di qua, una spinta di là, l’affollamento, tutti addosso, potrebbero avere logorato gli ancoraggi o il terreno sotto e intorno. Patatrac, come lo Sputnik.

il ritrovamento

Può darsi che un ulteriore evento possa aver dato il colpo di grazia nella mattinata di San Silvestro, quando la statua è stata trovata a terra. Il nostro corrispondente Andrea Vaccari ci ha telegrafato con Whatsapp: “Il fatto è avvenuto la mattina del 31. Risulta che la statua sia caduta a seguito dell’appoggio di un turista (l’ennesimo, troppo vigoroso, in diciotto anni). L’hanno tirata su immediatamente e transennata, poi l’hanno rimossa per evitare altri guai”.

Ora il primo cittadino Bottazzi è in deposito, gli verrà rifatto l’ancoraggio e presto tornerà al suo posto, robustissimo, in direzione municipio.

In direzione chiesa, sulla diagonale opposta, Don Camillo – come annotato – invece non vacilla. Vuoi per la tonaca, vuoi per le scarpe di chissà quale misura oltre il 45, vuoi perché era il più colto e astuto, intramontabile scudocrociato. Qui sta il segreto della fotografabilità, cioè la formula attrattiva per i turisti che smaniano per Peppone che sotto la cotica leninista prega, crede, cede.

in scena e in piazza

Le due statue, nella loro funzione storicizzante (perché rappresentano i protagonisti di una leggenda) infatti mettono in scena e in piazza la continuità del sacro e la variabilità del terrestre, cioè la politica. Che ogni tanto ondeggia, casca, saluta, va e viene ottima o misera, alta o ruspante. Dipende dagli uomini, è fatta d’uomini. Siamo tutti Peppone.

Rispondendo alla sollecitazione del compagno delegato di far tacere don Camillo e le sue campane, la saga cinematografica propone questo dialogo. Peppone: “È una parola, bisognerebbe prendere a cannonate il campanile”. Il braccio destra del sindaco Brusco osserva: “Se continua io direi di sparargli attraverso le finestre della torre”. Peppone conclude: “Già, ma bisognerebbe essere sicuri di farlo fuori al primo colpo, sennò si mette a sparare anche lui”. Anche se di bronzo, separarli è impossibile. —