Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Pensioni, via agli aumenti per 21 mila ex dipendenti regionali

Assegni rivalutati in base all’inflazione. Il numero dei beneficiari sta aumentando, al punto da ridare attualità all’allarme lanciato dalla Corte dei Conti sull’innalzamento della spesa a carico di Palazzo d’Orleans

Filippo Nasca

Il primo aumento scatterà venerdì prossimo (26 gennaio), quando i circa 21 mila pensionati della Regione Siciliana vedranno crescere il loro assegno dello 0,8%. Il secondo, che può arrivare a valere il 5,4%, è previsto nelle buste paga di marzo. La Regione è pronta ad adeguare i trattamenti di quiescenza all’aumento dell’inflazione, anche se in alcuni casi ciò si tradurrà in poche decine di euro. Una operazione che avviene proprio mentre il numero dei beneficiari sta aumentando, al punto da ridare attualità all’allarme lanciato dalla Corte dei Conti sull’aumento della spesa a carico di Palazzo d’Orleans.

Il primo aumento

Al Fondo Pensioni, guidato da Filippo Nasca (nella foto), hanno completato i calcoli e tutto è pronto per una operazione dai numeri elefantiaci. Si inizia subito con il cosiddetto conguaglio di perequazione del 2023, che vale appunto lo 0,8%. Funziona così: ogni anno, nei primi mesi, le pensioni vengono aumentate in base a un indice provvisorio che forfettariamente calcola l’adeguamento all’inflazione. Nel primo assegno dell’anno successivo, a consuntivo, viene data la differenza fra il valore forfettario e quello reale. E quest’anno tutto ciò vale lo 0,8%, che costituisce un aumento stabile.

Il secondo aumento

L’ulteriore passaggio, quello che verrà avvertito di più dai pensionati della Regione, è quello che applica l’aumento forfettario del 2024. Vale il 5,4% e Nasca prevede che verrà incassato dai pensionati a partire da marzo.

In questo caso il valore dell’aumento non sarà però uniforme. Le pensioni più basse, quelle intorno ai 2.271 euro, incasseranno per intero il 5,4% mentre quelle più alte (dai 5.689 euro in su) avranno soltanto l’1,188%. È l’applicazione del meccanismo a scaglioni che premia in particolare le pensioni minime e poi quelle che gradualmente crescono ma restano in fascia bassa.
Qualche esempio. Al di là dell’aumento di questo mese, a partire da marzo una pensione che vale intorno ai 2.270 euro crescerà fino a 2.290 circa. In questa fascia si calcolano gli assegni che valgono non più di 4 volte il trattamento minimo (cioè 598 euro al mese).
Per le pensioni che valgono 5 volte il trattamento minimo l’aumento sarà del 4,59%: quindi un assegno che oggi vale 2.839 euro crescerà fino a 2.887. E così via fino ai tetti più alti che sono quelli meno premiati.

L’allarme sulla spesa

La Regione garantisce questi aumenti attingendo al bilancio del Fondo Pensioni (quindi, in definitiva a finanziamenti regionali). E ciò ha fatto scattare negli ultimi tempi un allarme sull’aumento dei costi. Da qualche anno il numero dei pensionati (circa 21 mila) è molto maggiore rispetto a quello dei dipendenti in servizio (circa 11 mila). Questo significa  che i versamenti contributivi su cui può contare il sistema sono inferiori al valore della spesa che mensilmente deve essere assicurata. E la spesa, va detto, cresce a ritmi incalzanti fino a raggiungere cifre da capogiro: nel 2020 si attestava sui 719 milioni, nel 2021 (ultimo dato messo in luce della Corte dei Conti durante il recente giudizio di parifica) è arrivata fino a quasi 732 milioni. Il trend, come detto, è costantemente in crescita e ciò fa dire ai magistrati contabili che «è plausibile che il numero di trattamenti a totale carico del Fondo Pensioni, nel medio e lungo termine, sarà sempre maggiore. Con la conseguente probabilità di trovarsi in futuro nell’impossibilità di far fronte ai propri adempimenti, cioè la corresponsione del trattamento pensionistico e delle liquidazioni».

Le assunzioni «necessarie»

In realtà i conti e il patrimonio del Fondo Pensioni dovrebbero mettere al riparo da questo rischio. Ma è soprattutto un’altra certezza a far sperare i vertici del Fondo Pensioni su un miglioramento dei conti: l’accordo fra Stato e Regione sulla finanza pubblica ha permesso di sbloccare il turn over, fermo da una decina d’anni. E questo si traduce in una tornata di assunzioni già deliberate dal governo Schifani che nel triennio appena cominciato porterà negli uffici regionali 1.252 nuovi funzionari, che a loro volta verseranno contributi poi gestiti dal Fondo Pensioni. In particolare, l’accordo con lo Stato ha permesso a Palazzo d’Orleans di annunciare 655 assunzioni nel corso di quest’anno, 262 per l’anno prossimo e 335 nel 2026.

Caricamento commenti

Commenta la notizia