Genova

Il collante della violenza politica

LIGURIA ITALIA

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Mario Tullo sospetta che il mandante morale del gesto vandalico ai danni del suo box abiti a S. Ilario e mette in guardia contro la violenza montante nella politica e nella società italiane. Dalle aggressioni razziste agli sfregi beffardi agli avversari, dalle ruspe contro le minoranze agli insulti agli sconfitti del vecchio potere è da anni e oggi sempre più evidente in Italia una discesa verso l’odio e la violenza come metodi di lotta politica. Avevano cominciato Bossi e Berlusconi, procedono ora alla grande Salvini e Grillo.
Con una novità: mentre prima la violenza era solo di forze di destra reazionaria come i Lumbard e il Berlusca, oggi unisce reazionari (leghisti) e rivoluzionari (5Stelle). Ma sono rivoluzionari i grillini? Sì, secondo me, se rivoluzionari sono quelli che ammettono la violenza non per difendere un potere ( come fanno i reazionari) ma per affermarne uno nuovo.
Immagino che molti storceranno la bocca. I superstiti della vecchia sinistra sono riluttanti a riconoscere ai grillini l’etichetta tipica del socialcomunismo tradizionale, che ritengono esclusiva della gauche. Per altro, quelli che ancora sono affascinati dall’antico mito della rivoluzione popolare sono molto attirati dai 5S, proprio perché ne colgono la postura rivoluzionaria. I due primi tomi della biografia di Mussolini scritta da Renzo De Felice si intitolano rispettivamente " il rivoluzionario" e " il fascista" e leggendola ci si accorge che il rivoluzionario non è scomparso quando è subentrato il reazionario, cioè il fascista, perché le due anime hanno pacificamente e a lungo convissuto nel primo Mussolini e convivono tuttora nei rinascenti fascismi di tutto il mondo.
L’alleanza tra Lega e 5S ne è la conferma. Reazionari e rivoluzionari insieme. Non sono uguali, ovviamente. I reazionari hanno delle cose, dei privilegi, degli interessi da salvaguardare; sono violenti contro quelli che li minacciano, ma non possono sfasciare il sistema di privilegi che difendono. La loro violenza è per così dire funzionale Tra di loro ci sono picchiatori (mediatici o maneschi) professionisti. Li muove l’interesse, non l’ideale. Sono cattivi e pragmatici.
I rivoluzionari invece sono mossi da ideali, da sogni, da visioni; avversano gli interessi degli altri, più che imporre i propri; sono più contro che a favore di qualcosa; sono animati da uno zelo quasi religioso. Sono più fanatici che violenti. I reazionari detestano i fatti che ritengono contrari ai loro interessi; i rivoluzionari detestano le idee contrarie alla loro fede. Ma, nonostante queste differenze, possono stare insieme almeno per un certo periodo. Cosa li unisce in un mix micidiale per la democrazia e la pace come era successo nel primo fascismo o nel patto ( contratto?) tra Hitler e Stalin e sta di nuovo succedendo oggi?
Il metodo (appunto l’odio e la violenza), i comuni nemici, interni (le minoranze etniche, le opposizioni politiche, gli intellettuali, i poteri terzi) ed esterni (gli stranieri, una volta le potenze demoplutocratiche, oggi l’Europa). Restano diversi (i reazionari sono intolleranti soprattutto con quelli di razza diversa, i rivoluzionari soprattutto con quelli di cultura diversa); ma per un bel po’ possono andare d’amore e d’accordo, come mostrano i convinti elogi di Grillo a Salvini. La violenza e l’odio li tengono insieme, scaricati su obiettivi differenti ma non in contrasto. Non c’è contrasto tra la rumorosa dimostrazione di ripugnanza per un passeggero di colore sul treno e lo sfregio al box di Mario Tullo. Sono gesti di diversa gravità, ma non incompatibili tra di loro.
Di Maio non ha protestato per l’uno e Salvini non lo ha fatto per l’altro. Questa violenza e questo odio in Italia sono destinati a crescere. Alla guida del Paese ci sono leader che li fomentano, li favoriscono e li reclamano col loro stile e linguaggio, ora beffardo ora aggressivo, sempre teso e minaccioso.
Per il momento ci sono solo piccoli segnali. Ma chi conosce la storia sa che le grandi violenze sono sempre state anticipate da quelle piccole che nessuno voleva vedere o si preferiva minimizzare. Benedetto Croce dovette aspettare il delitto Matteotti per cominciare a preoccuparsi del fascismo. Purtroppo, le società si muovono, in certe circostanze, come un treno in discesa e senza freni: anche se molti vedono che deraglierà, pochi tirano il segnale d’allarme e nessuno può più scendere. Figuriamoci quelli che sono elettrizzati e felici della corsa a precipizio, come l’ignoto rivoluzionario/picchiatore in erba che ha insultato Mario Tullo, voglioso più di mortificare l’avversario sconfitto che di celebrare la propria vittoria.