Il vento xenofobo contagia Tel Aviv: tutti i migranti tornino a casa loro
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Il vento xenofobo contagia Tel Aviv: tutti i migranti tornino a casa loro

Le proteste degli abitanti dei quartieri popolari: nel mirino eritrei, sudanesi, asiatici, latino-americani e europei dell'Est

Xenofobia a Tel Aviv in Israele
Xenofobia a Tel Aviv in Israele
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2 Settembre 2018 - 15.50


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Ormai è il virus di questi ani: la xenofobia. Che non lascia immune il popolo israeliano che, tutto sommato, è fatto da migranti: ”Basta tergiversare. Tutti i migranti devono andarsene, tornino a casa loro”: questo il messaggio di esasperazione lanciato al governo da una piccola folla di abitanti dei rioni popolari di Tel Aviv, dove è massiccia la presenza di stranieri.

Si tratta di decine di migliaia di eritrei e sudanesi, nonché di asiatici, latino-americani e di europei dell’Est insediatisi in sobborghi già afflitti da problemi sociali. ”Benyamin Netanyahu è venuto da noi un anno fa, ci ha promesso che li avrebbe fatti sloggiare. Invece da allora – ha lamentato uno degli oratori – la situazione e’ molto peggiorata. Ormai siamo ridotti ad una minoranza etnica. Nelle strade serpeggia la paura. E’ come se fossimo in guerra”.
Durante la manifestazione – controllata da vicino dalla polizia – bordate di fischi si sono sollevate ogni volta che il premier è stato menzionato, e la effigie del suo ministro degli interni Arie Deri (del partito religioso Shas) è stata incendiata. Un gesto provocatorio, che e’ stato denunciato da numerosi dirigenti politici fra cui Netanyahu. Tuttavia oggi il premier ha garantito che il governo, ”Deri incluso”, compie sforzi incessanti per far uscire gli ”infiltrati”. ”Agiamo in parallelo sia in maniera aperta, sia per vie discrete”.
In un colloquio con l’Ansa l’organizzatrice della protesta, l’attivista sociale Sheffi Paz, ha giustificato il fatto che la fotografia sia stata bruciata, un atto concepito a suo parere per catturare l’attenzione dopo mesi di disinteresse sulla questione dei migranti.
Ad aprile Israele era parso sul punto di raggiungere un’intesa con l’Onu per il graduale ricollocamento in Occidente di una parte dei migranti africani e per la distribuzione dei rimanenti sul territorio nazionale. Secondo Paz quell’intesa pero’ non e’ mai stata concreta, ”anche perche’ appare irreale che Paesi menzionati allora, fra cui Italia e Germania, accettino di accogliere migranti indesiderati in Israele”.
Eppure, ha aggiunto Paz, il ministro Deri continua a credere in quella formula. Da qui la collera degli abitanti nei suoi confronti. Netanyahu – secondo lei – dovrebbe semmai puntare ad un accordo con l’Eritrea che costringa Asmara a rimpatriare i suoi cittadini in cambio di aiuti. Secondo Paz nel rione Neve’ Shaanan – dove si è svolta la protesta – ”pare di essere in Africa” malgrado sia a pochi chilometri dall’ameno lungomare di Tel Aviv e dagli eleganti viali borghesi del centro in stile Bauhaus. Di là la cosiddetta ‘Citta’ Bianca’, di qua il suo lato oscuro. Nelle strade si affrontano bande rivali di eritrei armati di coltelli, spranghe e sassi.
”Ci si imbatte – spiega – in donne velate, in bambini incustoditi, in gente che fa in strada i propri bisogni, in ubriachi e violenti”. E nel ‘downtown’ Tel Aviv la protesta si scopre orfana. La Sinistra – accusa Paz – si è mobilitata contro l’espulsione dei migranti, ”ha perfino tirato in ballo Anna Frank”, salvo poi astenersi dall’accoglierli nei kibbutzim o nelle località agiate. La Corte Suprema frappone ostacoli alle espulsioni e la Destra e’ a corto di soluzioni. ”Dovremo allora agire con i nostri mezzi. Le idee non mancano. La foto bruciata del ministro – avverte – e’ appena l’inizio”. 

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