«Dobbiamo imparare dal vecchio Pci: struttura pesante con sedi e centri studi»

Mercoledì 27 Febbraio 2019
Lorenzo Fioramonti, economista e viceministro dell'Istruzione del M5S, lo aveva detto all'indomani della sconfitta in Abruzzo: «Dobbiamo radicarci nei territori, il Movimento leggero non funziona più».
Fioramonti, è contento? La svolta da lei evocata sembra essere arrivata.
«Sì, l'annuncio di Luigi è importante».
Diventerete un partito: la cosa la turba un po'?
«Affatto, abbiamo bisogno di essere presenti fisicamente con delle sedi per rispondere alle domande dei cittadini».
Vi state omologando al modello Lega?
«No, credo che ci servirebbe un altro tipo di radicamento. Ma anche dei luoghi di studio ed elaborazione del pensiero».
Come il vecchio Partito comunista?
«Sì, il miglior modello da seguire è proprio quello. Io ho 40 anni e dunque ho vaghi ricordi del Pci, ma ci serve quel tipo di professionismo. Gli intellettuali e gli economisti devono incontrarsi, parlarsi. E dare dei punti di riferimento».
Modello istituto Gramsci?
«Ora non esageriamo. Si tratta di un'istituzione importante e dalla storia gloriosa, di sicuro però spazi ampi dove confrontarci sono necessari. Perché poi da queste postazioni, dai centri studi si possono dare indicazioni importanti».
Rimpiange il partitone rosso?
«Dico solo che era un contenitore che funzionava. La mia non è una valutazione politica, ma tecnica. Adesso siamo nel 2019, ma certe cose non si improvvisano. Mettere in rete le competenze è importante».
Di Maio ha parlato anche della leadership di capo politico che per i prossimi 4 anni non si tocca: concorda?
«Di sicuro la leadership deve essere contendibile, ora non so quando e come. Luigi come capo va bene, però in astratto per rendere viva l'attività del Movimento servono anche queste cose».
E se Di Maio dovesse continuare a perdere le elezioni: la sua guida dovrebbe continuare lo stesso come se niente fosse?
«Ora, andiamoci piano. Le regionali sono partite particolari per noi, difficili. Ecco perché ben vengano le mosse di Luigi per aprire alle liste civiche».
Anche il tabù del secondo mandato sembra destinato a cadere.
«Su questo preferisco non interferire. Vedremo come si evolverà il quadro. Di sicuro, coinvolgere gli attivisti mi sembra un'ottima cosa. Vicino a questo tipo di democrazia diretta e partecipata dobbiamo farci entrare anche una struttura pesante con sedi, centri studi. Ma possibile che i nostri economisti non abbiano sedi dove incontrare le persone? Le facciamo venire alla Camera? E dove?».
E da economista e tecnico cosa ne pensa della tensione di queste ore sul ministro dell'Economia Giovanna Tria?
«Ho seguito poco la vicenda».
Tria è intervenuto sulla Tav e Di Maio non l'ha presa benissimo.
«La Tav è contenuta nel contratto. E credo che sarebbe ora di iniziare di smettere di farci la guerra. Mentre c'è il mondo fuori. Detto questo, non siedo nel Consiglio dei ministri quindi sono all'oscuro di molte cose».
Ci toglie una curiosità?
«Prego».
Ma perché lei che è un economista non è entrato al Mef e invece fa il viceministro dell'Istruzione?
«Questa è una bella domanda».
E qual è la risposta?
«La sta ponendo alla persona sbagliata, però, questa domanda. Evidentemente non l'ho deciso io, no?».
Simone Canettieri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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