Parla di «un noi largo», «e non di una sigla», «la botta è stata tosta» per tutte le sfumature della sinistra, spiega Roberto Speranza, «siamo scomparsi fra i ceti popolari» e ora il paese rischia «un nuovo bipolarismo senza sinistra», fra centrodestra e M5S. Il coordinatore di Mdp apre a Roma l’assemblea «Restart». È la prima nazionale dopo due mesi di mutismo per i quali Speranza chiede scusa «a militanti ed elettori». Altri dirigenti di Liberi e uguali faranno poi lo stesso. Chi li ha tenuti imbavagliati? L’elaborazione del lutto, le consultazioni che vedevano Leu, con la sua esigua rappresentanza (14 deputati e 4 senatori) irrilevante. C’è dell’altro, lo si vedrà nel corso del dibattito: Leu è attraversata da differenze – di analisi della sconfitta, di proposte per la ripartenza – e allo stato non può parlare con una voce sola.

LA SALA PIENA, UNA DI QUELLE sale militanti zeppe di antirenziani che avevano fatto immaginare il successo nelle urne. Fra i relatori una ostinata scarsezza di donne, esibita senza complessi (fra le dirigenti parla solo l’ex senatrice Cecilia Guerra). Dalla prima fila D’Alema non perde un intervento, ci sono anche Bersani e Epifani, ma i seniores non parlano (tranne Vasco Errani), lasciano la scena ai quarantenni e alle loro proposte.

SPERANZA RISPOLVERA i classici, «una nuova lettura critica della globalizzazione», il «recupero della parola socialismo» – stracult di Enrico Rossi, che applaude – «dal ruolo dello stato come soggetto regolatore». Quanto al futuro: «C’è bisogno di ricostruire tutto su basi nuove». Mano tesa verso il Pd: «Se il Pd capisce che bisogna azzerare tutto e ripartire penso che sia auspicabile un dialogo». Ma poi il giudizio sul Pd è durissimo: «Ha la responsabilità storica» di aver condotto il paese verso il governo giallo-verde, «Non vedo ad oggi nessuna maturità o consapevolezza». Quanto al futuro di Leu, propone «l’avvio di un percorso costituente a partire dall’assemblea nazionale», che dovrebbe tenersi il 26 maggio. «Se però il nuovo soggetto politico tarda a nascere faremo partire entro l’estate il congresso di Mdp».

QUELLO CHE PENSA RENZI è noto: «Ho aperto a Bersani? Dovevo essere sovrappensiero», è l’ultimo sberleffo che a mandato a dire alla Ditta, dalla tv. Qui sono invitati gli esponenti della minoranza. Quelli che almeno dall’opposizione vedono la possibilità di ricostruire un lavoro comune. «Il punto è come ci opponiamo: facendo i guardiani del bidone di Confindustria?», dice Peppe Provenzano, animatore degli incontri di Pd Anno Zero. Di tornare «sulla stessa strada» è l’auspicio di Gianni Cuperlo. Ma Andrea Orlando non concede scorciatoie e mozioni degli affetti unitari: «Evitiamo di fare propaganda fra di noi», non si va da nessuna parte chiedendo «abiure», «Tornare indietro alle vecchie parole d’ordine sarebbe il più grande regalo a chi ha lavorato per dividere il centrosinistra».

SUL FRONTE INTERNO, e cioè di Leu, il segretario di Sinistra italiana Fratoianni non mette polvere sotto il tappeto. Racconta alla sala che nelle ore in cui sembrava di precipitare al voto «in una riunione surreale ci siamo divisi sul giudizio sul governo Mattarella» e poi sull’ipotesi di un listone con il Pd. Insomma, «inutile fare un partito», prima «di fare una discussione fondamentale, aperta, senza ritrosia».

SI HA GIÀ FATTO LA SUA assemblea nazionale in cui ha escluso la riapertura del dialogo con il Pd, almeno con l’attuale Pd renziano. Ma il nodo del rapporto con i dem agita i militanti anche dentro Mdp: «Non rientrerò dalla finestra da dove sono uscito dalla porta un anno fa», è il citatissimo post su facebook del coordinatore milanese Onorio Rosati. PROVA A MEDIARE Vasco Errani: «La nostra identità non si definisce per quanto siamo distanti dal Pd: è un’ossessione, non siamo reduci. A me non interessa nulla di Renzi, a me interessa costruire dei ponti qui e ora per realizzare un soggetto politico». Ma la bussola deve essere l’alleanza, dice l’ex presidente dell’ex Emilia Rossa: ««Io non accetterò mai una logica dove noi pregiudizialmente decidiamo di lasciare campo libero alla destra e ai 5stelle».

NON È L’UNICO TEMA SPINOSO. C’è anche quello che da tempo, in solitudine, Stefano Fassina pone ai suoi di Si e ora anche a Leu: «La domanda di sovranità popolare per la dignità del lavoro. Dobbiamo avviare Leu come il partito del primato della nostra Costituzione sui trattati europei». Il tema del sovranismo taglia le sinistre europee. Ma almeno Antonio Panzeri, europarlamentare di Mdp, che siede nel gruppo socialista, lancia un altro ponte: «Buttiamo un occhio ai regolamenti, i socialisti vogliono scegliere come candidato presidente della Commissione europea il rigorista Pierre Moscovici (socialista francese, ndr). Per noi sarebbe un errore».

«DIVENTARE UN PARTITO non è un capriccio ma la promessa che abbiamo fatto agli elettori durante la campagna elettorale. I militanti debbono poter scegliere», conclude Arturo Scotto. Mdp ha fretta. Se non parte un tesseramento, non ha gruppi dirigenti eletti (e non parte, per dire di un dettaglio non minore, la raccolta del 2 per mille). In sala circola un pacco pioniero di tessere di Mdp. Domani il coordinamento di Leu si riunirà, l’assemblea del 26 maggio verrà lanciata, la sorte del partito rischia di finire decisa dall’applausometro. Qui a fine giornata viene chiesto un voto. È un’alzata di mani unanime. Ma così, in un’assemblea aperta, è solo un gesto simbolico.