Calenda scippa tre consiglieri regionali a Michele Emiliano in Puglia. Ed è subito rissa, con il governatore che butta fuori i tre reprobi dalla coalizione, spalleggiato, da Pd, M55 e dalle sue liste civiche. E il leader di Azione minaccia di rompere tutte le giunte locali coi dem.

A Bari va in onda in queste divorzio il divorzio tra Pd e terzo polo. Calenda accusa Emiliano di essere «un ras», sogna di far cadere la sua maggioranza in regione e di «accompagnarlo alla porta», e dal Nazareno Francesco Boccia usa parole che potrebbero far pensare ad una separazione non solo in Puglia, ma anche altrove, a partire dal Lazio dove finora Pd e Calenda hanno condiviso la candidatura di Alessio D’Amato.

«Che Calenda interpretasse la politica come mercimonio è noto da tempo ed è sempre più evidente che sentendosi una sorta di Giovanni delle Bande Nere, quando scopre sui territori di essere solo un piccolo mercenario dei Parioli, perde la pazienza e somma agli insulti quotidiani la falsificazione della realtà», le parole di Boccia. «Nel 2020 abbiamo vinto senza di loro e governeremo fino al 2025. Se oggi pensa di entrare in Consiglio attraverso i mercenari deve sapere che la porta della maggioranza è sbarrata. L’alleanza di centrosinistra è autosufficiente grazie al voto degli elettori pugliesi».

Ieri Calenda è sceso a Bari per lanciare il suo gruppo in regione: nato non dal voto popolare, ma dal cambio di casacca di tre consiglieri. Si tratta di Fabiano Amati (già assessore con Vendola) e Ruggiero Mennea, eletti col Pd nel 2020, e Sergio Clemente eletto in una lista civica di Emiliano. «Se il governatore ha intenzione di lavorare accogliendo i suggerimenti noi siamo qua, se ha intenzione di fare il ras della Puglia non gli va bene, perché come lo abbiamo accomodato fuori dal ministero dello Sviluppo quando ha passato il segno rischia che lo accomodiamo fuori dalla Regione», le parole di fuoco di Calenda.

«La Puglia non è il sultanato di Emiliano», incalza il leader di azione che ricorda le divergenze con Emiliano su Tap e Ilva. Emiliano risponde picche alla richiesta dei tre di Azione di restare comunque in maggioranza. E giudica la loro richiesta «niente più che una dimostrazione di mancanza di rispetto e di senso delle istituzioni. Non posso che estromettere formalmente tutti i consiglieri che oggi hanno aderito alla nuova formazione politica».

«La nostra maggioranza è composta da Pd, Liste civiche e Movimento 5 Stelle», prosegue il governatore che giudica il reclutamento un «atto ostile» verso il Pd e ricorda l’incompatibilità tra Azione e M5s. Per Emiliano dunque la mossa di Calenda «più che provocatoria e incoerente, dimostra un disprezzo per la politica come corretta e seria relazione tra i soggetti politici».

Calenda replica alzando i toni: «Emiliano ha perfettamente ragione: non ho alcun rispetto per il suo modo di governare la Puglia e di fare politica: dalla Xylella, al Tap, all’Ilva». E aggiunge: «Chiaro che se c’è una pregiudiziale per Azione nelle alleanze regionali, verrà portata alla segreteria del Pd e come conseguenza avrà la rottura di tutte le giunte in tutta Italia che sono rette anche da Azione».

Attorno al governatore si stringe tutta la maggioranza. Che all’unisono chiede di tenere i calendiano fuori dalla coalizione di governo. Durissimi i vertici del Pd («Quanto di più scorretto si possa in fare politica»), anche M5S è lapidario: «Nessuno spazio per Azione e Italia Viva. Il dubbio è che a questi consiglieri interessi solo non perdere poltrone come quella della presidenza della commissione Bilancio. La nostra visione progressista mal si concilia con la prospettiva affaristica e opportunistica che contraddistingue Azione e Italia Viva, le cui posizioni sono distanti anni luce dai valori del M5S».