Nella mattinata di ieri la questione delle assegnazione delle case ai rom è piombata sulla Commissione politiche sociali di Roma Capitale. Francesco Figliomeni, consigliere comunale di Fratelli d’Italia ha parlato del «razzismo al contrario» dell’amministrazione comunale, colpevole di assegnare troppi appartamenti ai rom. Il partito di Giorgia Meloni già nelle scorse settimane si era distinto per la proposta di istituire aree sosta temporanee, secondo la teoria per cui si tratterebbe di «nomadi» che dunque non aspirano ad avere una casa.

Ha tenuto il punto Valentina Vivarelli, esponente del Movimento 5 Stelle, ricordando come «le assegnazioni avvengono nel totale rispetto della legge vigente, a prescindere dall’etnia della famiglia assegnataria». Esponenti della maggioranza hanno ricordato che Roma è ancora sotto sanzione europea per i campi etnici e per la mancanza di politiche di assegnazione.

Il fatto è che, come hanno ricordato in piazza a Casal Bruciato quello di Asia Usb, le proteste xenofobe finiscono per fare il gioco di politiche abitative che non funzionano e che non tutelano il diritto alla casa per migliaia di romani. «La guerra ai rom e ai migranti che CasaPound e l’estrema destra stanno aizzando – affermano – Non solo diffonde razzismo ma serve a far credere che le case ci siano, solo che vengono distribuite male».

I NUMERI, IN EFFETTI, parlano chiaro: le cose non stanno così. Circa 170 mila persone a Roma vivono in case di edilizia residenziale pubblica. Il conteggio del patrimonio pubblico di alloggi non è facile, visto che si divide in due tronconi, che non comunicano e non interagiscono tra loro. Quello gestito dall’amministrazione comunale (che conta 28500 alloggi) e quello regionale gestito da Ater (46 mila appartamenti).
Nonostante aumentino le lotte (si stima che a Roma almeno 10 mila persone vivano in palazzi occupati dai diversi movimenti per il diritto all’abitare) e siano stati accantonate risorse, dagli anni novanta l’intervento pubblico è praticamente inesistente, inversamente proporzionale all’edificazione di nuovi quartieri e all’espansione del cemento seguita all’approvazione del Piano regolatore del 2008, sindaco Walter Veltroni. All’inizio di quest’anno il Dipartimento delle politiche abitative di Roma ha diffuso la nuova graduatoria del bando per le case popolari. «Risultano idonei circa 12 mila e 500 nuclei familiari – spiega ancora Puccini – A un tasso di 500 assegnazioni all’anno occuperanno la pubblica amministrazione per i prossimi 25 anni». Puccini sottolinea un’altra anomalia: da anni la grande maggioranza di nuclei in graduatoria è composta da single o comunque da famiglie non numerose. Però le graduatorie scorrono in base alle quattro classi in cui vengono suddivise le famiglie aventi diritto che rispondono al numero de componenti del nucleo.

DA QUI LO SPAURACCHIO dei nuclei rom che provano a farsi una vita normale dopo vent’anni di vita nelle baracche: «Il nostro patrimonio è stato progettato nel passato per ospitare nuclei numerosi ma la domanda è sempre più di alloggi piccoli», dice Puccini. Ieri dal Campidoglio hanno smentito di voler cambiare la norma del regolamento che prevede che chi vive in alloggi di fortuna o considerati non idonei abbia qualche punto in più in graduatoria. Ma al tempo stesso trapela che Rosalba Castiglione, assessora al patrimonio, stia pensando di modificare i criteri per far scorrere più velocemente le classi di graduatoria riservati a single e coppie.