Un’immersione in due notissime fiabe, per renderle meccanismi di smascheramento delle paure più profonde, dilaganti, trasversali e dei conflitti familiari a ogni epoca rinnovabili. Pinocchio e Cenerentola nelle riscritture di Joël Pommerat sono un esempio di materiali classici riattualizzati e messi al servizio della scena, dei quali il regista Fabrizio Arcuri si appropria per darli in pasto alla sua troupe effervescente E declinarli con un’ironia acida e disincantata nel percorso irto di pericoli e cadute dei due protagonisti. Corale e festoso Pinocchio restituisce i quadri della fabula scardinati dalla morale fino all’estreme conseguenze: chiunque si impadronisca del microfono e tentasse di tornare all’antico significato viene abbattuto da un colpo di pistola. Su toni più intimi e sarcastici si costruisce Cenerentola nella sua iperbole adolescenziale di ricerca d’identità nel confronto con la morte, in un gioco di specchi che riflette la figura di una Madrigna in lotta per un’impossibile eterna giovinezza. Peccato siano stati programmati a India nei giorni del lungo ponte della Liberazione.