Allertato dai mercati e dagli investitori, che minacciano di trasformare il debito pubblico italiano in carta straccia se si procedesse con Flat-Tax e Reddito di cittadinanza in deficit, il governo Lega-M5S si è messo in trincea. Luigi di Maio assicura che l’esecutivo non entrerà in rotta di collisione con l’Europa ma andrà avanti per la sua strada senza tentennamenti, Giuseppe Tria giura che non ci saranno politiche in deficit, mentre Giancarlo Giorgetti, uomo ombra di Matteo Salvini, mette le mani avanti a proposito di Flat Tax e Reddito di cittadinanza: “Allo stato della discussione posso soltanto dire che o li faremo insieme o non li faremo del tutto”.

L’unica cosa che nessuno dice è dove si trova il misterioso tesoretto, ovvero dove troveranno il soldi per finanziare un’operazione come la Flat Tax che secondo gli esperti fiscali creerebbe un buco di 45 miliardi di euro, ovvero 3 punti di Pil. Lo stesso Giancarlo Giorgetti, a proposito di reddito di cittadinanza e flat tax dice genericamente: “Troveremo i soldi”, ma non dice dove perchè evidentemente neppure lui lo sa. La verità è che soprattutto il cavallo di battaglia di Matteo Salvini, quello per il quale la Lega ha imbarcato migliaia di voti al Nord, è già claudicante prima di entrare in pista. E’ il tallone di Achille dell’esecutivo uscito dalle elezioni di marzo: grandi promesse senza alcuna copertura finanziaria. Il problema è che con il passare del tempo il momento della verità e della cruda realtà si avvicina implacabile. Stesso discorso per il reddito di cittadinanza. Tito Boeri, per aver detto la verità verrà licenziato alla scadenza del suo mandato a febbraio, ma nessuno lo ha mai smentito: “Del reddito di cittadinanza esistono varie versioni, dice Boeri. Quello pensato dai 5 Stelle costerebbe 30 miliardi: una cifra elevatissima. Un reddito minimo che serva a ridurre la povertà costerebbe meno. Per ridurre la povertà e sostenere chi ha davvero bisogno, al contrario, secondo i nostri calcoli ne basterebbero fra i 5 e i 7 miliardi”. Sarebbe paradossale che alla fine il governo sposasse la linea tanto criticata di Stefano Boeri.

Sulla necessità di non allarmare Europa e mercati, Giorgetti la prende alla larga: “Sì, però vorrei chiarire che per Tria, e anche per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, prima ancora che le regole europee e costituzionali, valgono quelle del buon padre di famiglia. Lo ripeto: le regole del buon senso”. Peccato che con il semplice buon senso sia difficile trovare i soldi.
Ma torniamo al cavallo zoppo di Matteo Salvini. La Flat Tax non solo odora di incostituzionalità per la mancata progressività sancita dalla Carta Costituzionale ma non sta in piedi finanziariamente. Una cifra realistica l’ha fornita l’Ocse: alla fine della cosiddetta “pace fiscale”, che poi non è altro che un condono mascherato, la Flat Tax porterebbe nelle casse dello Stato circa 51 miliardi. Se si tiene conto della parziale rottamazione delle cartelle che già c’è stata si arriva alla cifra di 41 miliardi.

Anche se si applicasse l’aliquota massima del 25 per cento all’intera platea di debitori e questi aderissero all’unanimità alla pace offerta, cosa molto improbabile, si arriverebbe a contabilizzare un introito di 10,25 miliardi in due anni. Cioè circa 5 miliardi all’anno. E gli altri 45 miliardi stimati dall’Ocse? I consiglieri di Salvini sostengono che se in Italia si applicasse la Flat Tax le imprese investirebbero maggiormente grazie al moltiplicatore e una crescita del Pil. Ma gli esperti fiscali indipendenti si fanno una grande risata. Il fiscalista Tommaso di Tanno è drastico: “E’ un’assurdità basata sulle aspettative che non ha fondamento. Basta fare due conti: 50 miliardi sono il 20% del Pil, ovvero 250 miliardi. Per recuperare 250 miliardi il Pil italiano dovrebbe aumentare del 13%. Neppure in Cina nei tempi d’oro si raggiungevano simili vette”.

Allarmante anche il report di Merrill Lynch, una delle piu’ importanti banche d’affari del mondo. Secondo Merrill Lyinch una parte importante degli investitori internazionali che prima credevano nel mercato italiano, dopo aver monitorato l’orientamento politico del governo Lega-M5S hanno deciso di abbandonare l’Italia e destinare gli investimenti al mercato tedesco e francese. Un report che dovrebbe spaventare il governo italiano, visto che la finanza internazionale molto spesso si muove per imitazione delle grandi banche d’affari.