Prima del voto la «discontinuità» era quella dal Pd, dopo il voto – una «sconfitta drammatica», «la sberla» l’ha chiamata Luciana Castellina sul manifesto – la «discontinuità» è quella da se stessi, cioè da Liberi e uguali. La direzione nazionale di Sinistra italiana, riunita ieri a porte chiuse in un albergo romano, si conclude con la conferma di Nicola Fratoianni alle segreteria: le sue dimissioni, «atto dovuto» le definisce lui, vengono respinte con un solo voto contrario e qualche astenuto. Va aggiunto che un’area, non grande, di contrari alla lista con Mdp si è già autosospesi da Si. Il segretario resta al suo posto, la segreteria invece è decaduta e il core business della discussione, cioè se andare avanti o meno con il «progetto» di Leu, si affronterà nella prossima assemblea nazionale.

PER SINISTRA ITALIANA Leu deve andare avanti, su questo la discussione registra solo qualche sfumatura diversa. Ma molto deve cambiare. Fratoianni si assume la sua quota di colpa, ma ha un’idea precisa su cosa non ha funzionato: «Immaginare che la responsabilità di un risultato elettorale come quello di Leu sia di un singolo è un errore» «ma non c’è dubbio che la campagna elettorale è stata segnata dalla sovraesposizione di figure che hanno un linguaggio ed una cultura politica che evidentemente non hanno funzionato, hanno contribuito a rendere meno efficace il progetto; non credo che la colpa sia tutta di D’Alema o di Bersani ma questo ha influito». Troppo in tv, dunque, quelli che prima del flop erano i ’padri nobili’, «Il più grande errore è stato parlare agli elettori in fuga dal Pd con un linguaggio del Pd prima di Renzi o non sufficientemente discontinuo, coraggioso».

PAROLE CHE FANNO STORCERE il naso a casa Mdp. Da dove si esercita «santa pazienza» e si fa notare che la ’Ditta’ non ha convocato i propri organismi centrali: «Abbiamo appena firmato un appello per le assemblee territoriali del soggetto comune». Ma per ora un colpetto di freni ci sta, anche per assorbire i contraccolpi interni: Sinistra italiana ha eletto quattro parlamentari (alla camera Fratoianni, Palazzotto, Fassina, al senato De Petris), Possibile ha eletto solo Luca Pastorino.

IL PRESIDENTE DELLA TOSCANA Enrico Rossi invece si spazientisce: «lettura semplicistica», quella di Fratoianni, «anzi bisogna ringraziare la generosità di personalità come Bersani, D’Alema e altri senza il cui impegno in campagna elettorale oggi non saremmo neppure in partita». E poi meglio evitare le accuse reciproche: «Sarebbe come se noi spiegassimo il cattivo risultato dicendo alla nostra gente che posizioni improntate alla pura testimonianza e a un eccesso di radicalismo non ci hanno favorito».

IN REALTÀ su uno dei due nodi che agitano quel che resta della sinistra a sinistra del Pd, Fratoianni e D’Alema sono d’accordo: « Dobbiamo ascoltare le proposte del M5S ed eventualmente consentire che un governo parta, senza chiedere nulla, tantomeno posti», partendo dai punti in comune: abolizione dei finanziamenti per gli F35, lavoro, precarietà, alla scuola, dice il segretario di Si (sorvolando sul dettaglio che i numeri di Leu sono troppo bassi da essere utili ai grillini).

«Se non le soluzioni, la direzione di marcia dei 5 Stelle è condivisibile», dice al Corriere della sera il presidente di Italianieuropei, rimasto fuori dal parlamento, «Se Togliatti dialogò con Giannini, il fondatore dell’Uomo Qualunque, il centrosinistra può dialogare con Di Maio». Ma una differenza fra le diverse anime di Leu c’è, anche se per ora resta sullo sfondo. L’appello di D’Alema al «centrosinistra» nasce dalla consapevolezza che se ai 5 stelle non arriveranno i voti del Pd per anche l’offerta di dialogo di Leu sarebbe inutile.

C’È ANCHE ALTRO. Nessuna marcia indietro è possibile eppure Mdp guarda con attenzione alla «derenzizzazione» in corso – i cui esiti non sono per nulla scontati – nel Pd.

ANCHE PERCHÉ IN PRIMAVERA, e cioè fra pochi mesi c’è una importante tornata elettorale, quella delle amministrative: si vota in un capoluogo di regione, Ancona, e in diciannove capoluoghi di provincia. Fra cui, per esempio, tre città toscane: Massa, Pisa e Siena. La sconfitta delle sinistre ormai è probabile, ma senza alleanza è certa. Nella ex rossa Toscana già Livorno e Carrara sono governate dai 5 stelle, mentre Arezzo, Grosseto e Pistoia dalla destra. Un’altra sconfitta dopo la batosta delle politiche, sarebbe un colpo mortale per il Pd, ma anche per Leu. Stesso discorso per le prossime regionali: in Molise il 22 aprile, in Friuli il 29 aprile, poi tocca a Trentino, Valle d’Aosta e Basilicata.

PAOLO CENTO, dirigente di Si che si è speso molto per l’alleanza di Leu con Zingaretti nel Lazio, guarda a queste date con preoccupazione: «Bisogna mettere in relazione la costruzione di una sinistra autonoma e popolare con un dibattito più ampio che dopo la definitiva sconfitta del Pd e di Renzi parli ad un popolo molto più ampio del nostro 3 per cento. Senza scorciatoie. Ma anche senza settarismi».