Da sei anni giornalista freelance «auto-inviato» in Africa occidentale, Andrea de Georgio vive in Mali dal 2012, dove lavora per media nazionali e internazionali tra cui Cnn, Al Jazeera, RaiNews24, Rai3Mondo, Limes, Internazionale, Pagina99 e Nigrizia. Questa lunga permanenza nei territori oggetto delle sue analisi geopolitiche conferisce alla sua scrittura un approccio endotico, in controtendenza se contrapposto al nostro sguardo «dall’alto» ancora così esotico ed esotizzante, prima ancora che colonialista e neocolonialista.

PER RAGIONI DEMOGRAFICHE ed economiche, ma anche per l’imperversare di guerre e traffici di ogni genere che portano gli stati al collasso e il continente alla disintegrazione sociopolitica – uniti a un cambiamento climatico che accentua la desertificazione nella fascia saheliana, con la conseguente distinzione anche e recentemente di profughi ambientali – si è creato un flusso ininterrotto di migranti tra i nostri due continenti, che inevitabilmente avvicinano questi paesi un tempo apparentemente così lontani.

L’AFRICA, come cartina tornasole delle dinamiche internazionali, di sfide ambientali, economiche e sociali, è oggi il continente più «giovane» del pianeta, contrapposta a un’Europa sempre più vecchia e poco dinamica, ed è anche un bacino enorme e in espansione di consumatori avidi di nuove tecnologie e prodotti globali, per cui si renderà necessaria una redistribuzione delle risorse su scala mondiale.
Come ci dice in apertura del testo, dalla sua casa di Bamako de Georgio ha compiuto in questi ultimi sei anni una serie di incursioni in tutta l’Africa occidentale con «ogni tappa profondamente segnata dagli incontri lungo la strada: persone comuni conosciute nella loro quotidianità, attori senza voce d’incalzanti processi di ridefinizione identitaria tra tradizione e globalizzazione, rivoluzione e radicalizzazione, degenerazione e disoccupazione; persone che nel tempo sono diventate amiche, a volte persino parenti di famiglie allargate, ’all’africana’».

SONO QUESTI dunque i volti e i personaggi che danno vita al suo recente Altre Afriche. Racconti di paesi sempre più vicini (Egea, Milano, 2017). Cinque capitoli per cinque protagonisti e altrettanti paesi dell’Africa occidentale (Senegal, Mali, Burkina Faso, Costa d’Avorio e Niger), rappresentanti e portavoce di un’Africa dolente ma che recano, al tempo stesso, segni di una vitalità inaspettata e aprono la porta alla speranza. Difficile da definire in termini di genere, il testo offre una sorta di «geo-poetica dal basso» (come l’autore stesso la definisce), trasposizione in chiave narrativa di alcune analisi già sviluppate nei precedenti reportage. Nella prefazione Lucio Caracciolo dice che l’autore apre «squarci sapienti e colorati, che molto ci aiutano a capire che cosa accade in un mondo con il quale siamo e sempre più saremo intrecciati». E afferma: «Le esplorazioni di de Georgio» sono un «salutare antidoto alle semplificazioni e agli allarmismi mediatici, ai bombardamenti di propaganda che ci offrono un’immagine distorta di quelle terre affascinanti e terribili al tempo stesso, riflessa dallo specchio del nostro eurocentrismo».

A CIASCUN CAPITOLO, paese e storia personale, de Georgio appaia alcune delle piaghe principali che affliggono il paese, passandole in rassegna una ad una, come la «servitù monetaria» causata dall’utilizzo a tutt’oggi del franco Cfa, – moneta corrente nelle quattordici ex colonie francesi e ancora formidabile strumento di controllo economico-monetario da parte dell’ex potenza colonizzatrice sulle sue ex, o forse neo- colonie, freno alle esportazioni e limitazione delle singole sovranità – o lo sfruttamento delle ricchezze africane non più solo europeo ma anche cinese e asiatico in genere, con l’accaparramento delle terre e del sottosuolo e degli enormi tesori minerari ivi custoditi, e persino della fasce costiere più pescose, spartite tra industrie cinesi, coreane e russe di trasformazione ittica, per cui si arriva al paradosso che i senegalesi non abbiano mai assaggiato il loro pesce migliore, destinato all’esportazione.

NON PUÒ SFUGGIRE all’occhio attento dell’autore, un cenno all’islamismo estremista, che nel testo colloca soprattutto in Mali, fornendo il pretesto per un’evocativa divagazione su Timbuctu.
Archetipo senza tempo della lontananza, la città occupa un posto speciale nell’immaginario collettivo, citata da Chatwin agli Aristogatti di Disney. Un tempo meta turistica, culla storica di un islam tollerante e inclusivo, è oggi infestata da jihadisti saheliani senza scrupoli, commercianti e temibili signori dei traffici, che detengono i monopoli delle rotte nel deserto e delle narcomafie.
A partire da queste piaghe e soprattutto dai due principali spauracchi dell’occidente, terrorismo e migrazioni – fenomeni distinti tra loro ma con radici comuni nell’Africa subsahariana – de Georgio attua una decostruzione di alcuni pregiudizi e dicotomie della geopolitica contemporanea, come centro-periferie, globale-locale, noi-loro. Un libro non solo utile e rivelatore, ma quasi necessario, per chi pensa ancora che le barriere possano salvaguardare il nostro vecchio continente e renderlo impermeabile alle sfide ed evoluzioni della modernità.