Il Pd vuole intervenire pesantemente sull’architettura dei collegi messa a punto dalla commissione ministeriale. Ieri sera il relatore Fiano ha presentato in prima commissione alla camera una proposta di parere al decreto legislativo che entro una settimana cambierà la geografia elettorale del paese, così come previsto dalla nuova legge elettorale. Le proposte del Pd accolgono tutte le obiezioni già presenti nelle «osservazioni» del governo, dove erano contenute le perplessità dei renziani sul lavoro della commissione Alleva. E vanno oltre.
Se il presidente dell’Istat aveva spiegato ai deputati che il disegno dei collegi – 232 uninominali e 63 plurinominali alla camera, 116 uninominali e 34 plurinominali al senato – aveva tenuto conto di tutte le indicazioni della legge, innanzitutto la continuità con i collegi disegnati nel ’93 per il Mattarellum al senato, le proposte di Fiano vanno a stravolgerne il disegno in nove circoscrizioni della camera e tre del senato. Se Renzi aveva subito criticato la commissione Alleva perché in Toscana il suo comune natale, Rignano, era finito con Empoli nello stesso collegio plurinominale di Livorno, Fiano propone di spostarlo nello stesso collegio plurinominale di Firenze. E pazienza se per farlo bisognerà spedire il collegio di Prato con Lucca e Massa, aumentando così le disuguaglianze in termini di popolazione residente nei collegi proporzionali toscani, fin quasi a far toccare al residuo collegio di Livorno la soglia minima nel pur ampio margine del 20 per cento di scostamento dalla media.

Le proposte di modifica del Pd riguardano non solo i collegi plurinominali, ma anche quelli uninominali. E persino quelle circoscrizioni considerate «facili» dalla commissione, perché presentano lo stesso numero di collegi del ’93 tutti con la soglia prescritta di abitanti. In pratica sono dei collegi – per la camera quelli della Toscana, Abruzzo, Sicilia 2 e Sardegna – scritti dalla stessa legge elettorale, che però adesso Fiano propone di modificare. La Toscana ha meritato le maggiori attenzioni: per il Pd andrebbero ritoccati ben 11 dei 14 collegi uninominali. Spostando comuni da un collegio all’altro. Stesso dicasi in Campania 2, Lombardia 1, Umbria, Lazio 2 e Sicilia 2. Su queste proposte si aprirà il dibattito in commissione (oggi) e poi il parere andrà in votazione (domani). Identico lavoro in parallelo al senato. Forza Italia e Movimento 5 Stelle sono in linea di principio contrari a qualsiasi modifica, ma in concreto il giudizio dei berlusconiani andrà visto su ogni singolo spostamento. La sinistra neo grassiana non è contraria a qualche intervento, ad esempio in Umbria e nel Lazio 2 (dove c’è il problema di un comune, Mazzano Romano, spostato nel collegio di Viterbo). In ogni caso il parere delle commissioni ha solo un valore consultivo, il governo potrebbe non seguirlo nella versione definitiva del decreto delegato.

Un altro decreto (legge) lo chiederanno domani al presidente del Consiglio i promotori della lista +Europa, che ieri hanno tenuto un sit-in davanti palazzo Chigi con Emma Bonino. Sono tra i pochissimi obbligati a raccogliere le firme per la presentazione delle liste – non poche: almeno 750 per ognuno dei 63 collegi plurinominali, tute da autenticare – dal momento che il Rosatellum ha salvato dall’obbligo tutti i partiti costituiti come gruppo parlamentare al 15 aprile scorso. Questi «fortunati» non dovranno nemmeno replicare nel nome (o nel simbolo) della lista elettorale il nome del gruppo: così Centro democratico (Tabacci), rappresentato alla camera, potrà offrire il suo privilegio alla lista di Pisapia senza che Campo progressista debba modificare il suo nome. Il segretario dei radicali italiani Riccardo Magi ha spiegato ieri come «solo in Italia ci sono queste condizioni preclusive»: in Francia non servono firme, in Germania ne bastano 200 per collegio, in Inghilterra 10. Magi, con Bonino e Della Vedova, chiederà a Gentiloni un decreto che almeno riduca il numero delle firme, anche perché il tempo per la raccolta sarà poco, i collegi ancora non sono definitivi e l’inverno non è il momento migliore dell’anno per montare i banchetti.