«Sono palestinese, nata e cresciuta a Roma. Non sono mai stata in Palestina: i miei nonni scapparono nel 1948 da Haifa e si rifugiarono in Giordania. Non posso entrare in Palestina, vorrei tanto vederla». Tra le 5mila persone che ieri hanno marciato a Roma a 70 anni dalla Nakba c’erano tantissimi giovani palestinesi.

Alcuni di loro, come la ragazza che abbiamo incontrato in testa al corteo romano, sono figli e nipoti di rifugiati, loro stessi rifugiati. Nessuno dei 7 milioni di profughi palestinesi nel mondo ha mai esercitato il diritto al ritorno che dal 1948 le Nazioni unite riconoscono a ogni rifugiato palestinese e ai suoi discendenti.

Sette decenni dopo la fondazione dello Stato di Israele, il popolo palestinese resta un popolo in diaspora: i due terzi vivono fuori dai confini della Palestina storica.

«La manifestazione di oggi è nazionale, all’altezza di quanto sta accadendo in Medio Oriente e in Palestina in particolare – ci dice Bassem Salah della comunità palestinese di Roma, mentre i manifestanti si radunano in Piazza dell’Esquilino, tra bandiere, kufieh, striscioni per i prigionieri politici e per Gaza – Siamo oggi qui contro il trasferimento dell’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme e per porci al fianco di Gaza nella Grande Marcia del Ritorno. E per dire al mondo e ai governi europei: la Palestina esiste e continuerà a esistere. Va presa subito una posizione chiara e netta contro chi non rispetta le risoluzioni dell’Onu».

In un periodo di escalation belliche e politiche in Medio Oriente, la questione palestinese resta al centro dei conflitti regionali e globali, specchio di uno dei principali focolai di tensione, mai spento ma anzi acceso da scellerate prese di posizione internazionali e dalla negazione costante del diritto all’autodeterminazione.

«La lotta contro il razzismo sudafricano io l’ho combattuta lì, in Angola – spiega al manifesto Marco Ramazzotti Stockel, storico membro di Ebrei contro l’Occupazione – Non posso non combattere per i palestinesi, è la stessa lotta, per le stesse ragioni e contro gli stessi nemici. Il Giro d’Italia come il trasferimento dell’ambasciata Usa sono atti di un enorme valore politico. Trump ha sconvolto il quadro mediorientale. Io sono antisionista: combatto per la Palestina, ma combatto anche per la mia cultura. Stanno distruggendo la cultura ebraica e la parte migliore della sua tradizione».

Tante le realtà che hanno preso parte alle due manifestazioni nazionali di ieri, a Roma e Milano: il Coordinamento delle comunità palestinesi in Italia, l’Unione democratica araba palestinese in Italia, Arci, Anpi, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista, Fiom, decine di associazioni, gruppi studenteschi, collettivi e spazi sociali di tutto il paese.