Il 10 dicembre 1948 gli allora 58 membri dell’Onu difficilmente avrebbero immaginato che la Dichiarazione universale dei diritti umani potesse essere tanto svuotata del suo significato. Perché 70 anni dopo «non uno degli Stati firmatati ha riconosciuto ai cittadini tutti i diritti che si era impegnato a promuovere».

Lo scrivono ActionAid, Amnesty Italia, Caritas, Emergency e Oxfam nel testo che ha lanciato l’iniziativa collettiva di ieri. Una fiaccolata che ha acceso oltre 80 città italiane, dalla capitale alle periferie, da nord a sud: sono stati letti gli articoli della Dichiarazione «necessari a costruire una società più giusta, basata sui principi dell’uguaglianza e della solidarietà».

Due concetti che sembrano un’utopia nell’era della messa in discussione – ovunque – del basilare principio dell’articolo 1, «Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti». Le candele, ieri, si sono accese ovunque sotto lo slogan «Diritti a testa alta»: a Roma al Colosseo illuminato dall’articolo 1, a Napoli, Firenze, Milano, Palermo, Trento, Cosenza, Siracusa, Genova, Perugia, Torino, Pescara e tante altre. Piazze fisiche e virtuali: nei social in migliaia rilanciavano l’iniziativa e ribadivano la loro presenza.

Abbiamo raggiunto al telefono Rossella Miccio, presidentessa di Emergency.

Perché «Diritti a testa alta»?

I diritti sono il pilastro fondamentale della nostra società e vanno ribaditi, difesi e praticati a testa alta, senza doversi nascondere o avere timore e vergogna. Chi lo fa oggi è criminalizzato. La difesa dei diritti e la pratica quotidiana dei diritti è un’attività fondamentale per essere cittadini consapevoli che contribuiscono alla crescita della società.

La presidentessa di Emergency, Rossella Miccio

 

Scrivete che nessuno Stato firmatario ha riconosciuto pieni diritti ai cittadini. Anche l’Italia.

Sono tanti diritti non riconosciuti in Italia, ma lo sono anche i principi ispiratori della Dichiarazione che parte dal presupposto del riconoscimento di dignità e diritti di tutti gli esseri umani, ovvero l’uguaglianza che è il fondamento della pace. Quando si comincia a non riconoscere più quest’uguaglianza ma si compiono divisioni, come «prima gli italiani», viene meno di default tutto l’impianto della Dichiarazione. Come Emergency lavoriamo in Italia dal 2006 in ambito socio-sanitario e vediamo sempre più negato il diritto alle cure, previsto anche dalla costituzione. Nei nostri ambulatori fissi e mobili, la terza nazionalità per accesso è quella italiana. Non abbiamo mai pensato di sostituirci al sistema sanitario, riteniamo sia un compito di uno Stato sviluppato e democratico, ma ci troviamo a dover far fronte a bisogni urgenti e immediati anche di cittadini italiani e di dover fare un lavoro complicato perché questi cittadini rientrino nel sistema sanitario nazionale. Non riguarda solo gli stranieri con permesso di soggiorno o meno, ma anche le fasce più vulnerabili della nostra popolazione.

Il riferimento è agli Stati ma oggi è una parte della società, delle persone, a non ritenere che tutti gli esseri umani siano titolari di uguali diritti.

È anche per questo che volevamo una manifestazione aperta a tutti i cittadini e le associazioni, un’adesione individuale. I governi devono creare le condizioni per cui i diritti siano rispettati, ma se non sono per primi i cittadini a chiedere di rispettarli tutto il sistema salta. Siamo estremamente preoccupati per queste ondate di razzismo, di odio, di nuove forme di fascismo, di negazione del diritto a essere diversi. In passato umori simili c’erano, ma c’era più pudore nel mostrarli. Oggi si è aggressivi, violenti, razzisti in maniera spudorata. La storia dovrebbe insegnarci qualcosa.

Noi abbiamo le antenne alzate per cercare di arginare questa deriva con strumenti assolutamente pacifici, culturali, di condivisione. Con questa manifestazione ribadiamo che solo con l’attuazione dei diritti per tutti i membri della famiglia umana possiamo pensare di contribuire a un mondo senza più guerre, più giusto e più libero. È un ritornare alle radici: nonostante sia un documento firmato 70 anni fa, è più attuale che mai.