Un’ambasciata italiana riceve una lettera anonima con la segnalazione di un tunisino – indicato con nome e cognome – che si appresterebbe a compiere un attentato terroristico in Italia. La foto segnaletica viene trasmessa a tutte le pattuglie delle forze dell’ordine e agli scali ferroviari e aerei.

Gran battage della stampa su questi lupi solitari nostrani, ma anche grande attivismo di Federica Sciarelli che l’avvista con il suo «Chi l’ha visto» perché il poveretto è un piccolo mariuolo emigrato da Palermo a Tunisi in quanto inseguito da un mandato di carcerazione per aver commesso nel capoluogo siculo alcuni reati comuni e aver collezionato una pena complessiva di cinque anni e qualcosa: non c’è dubbio che doveva pur essere inserito in qualche data base.

Tra un reato e l’altro aveva avuto anche tempo di sposarsi, ovviamente con una palermitana, che saggiamente non l’aveva seguito in Tunisia e con la quale però era in costante contatto. Da qui il recapito fornito alla Sciarelli, visto che l’antiterrorismo non glielo aveva chiesto: la stampa ha steso un velo pietoso.

Ieri un Tir turco è arrivato a ridosso del Parlamento superando i tanto fotografati sbarramenti di cemento e le tanto reclamizzate misure di sicurezza pasquali. L’autista non voleva schiacciare alcuni infedeli e cercare così la via del martirio, ma tentava semplicemente una via di uscita: si era perso nel caotico traffico romano.

Ora non è tempo di polemiche e ricerca di capri espiatori, ma di qualche riflessione sulle continue deleghe che la classe politica assegna ai magistrati per risolvere problemi che non sono giudiziari – anche se poi, una volta risolti, potrebbero sfociare in processi.

L’antiterrorismo affidato alla supervisione della Direzione nazionale antimafia è un caso tipico di placebo giurisdizionalizzato.

Ma cosa c’entra la mafia con il terrorismo? Tecniche di comportamento totalmente diversi: c’è mai stato un mafioso che si sia fatto saltare in aria gridando «viva Palermo e Santa Rosalia»? Controllo del territorio per le estorsioni e qualche opera di propaganda per far votare i picciotti per gli amici degli amici e, magari, «combinarli» (traduzione siciliana del «radicalizzarli» musulmano) per farli espatriare e trasportare droga, ma non certo esplosivi.

Ora poiché la mafia ha abbandonato la strategia omicidaria (il loro jihad) i due fenomeni non hanno nulla da spartire ed è tempo di pensare seriamente a dotarsi di strutture all’altezza dei pericoli reali, quali quello del Tir in Parlamento.