Nessuno oltre confine vuole «impicciarsi nelle campagne elettorali dei nostri vicini», secondo la formula adoperata dall’erede di Wolfgang Schaeuble, il nuovo ministro delle Finanze tedesco Peter Altmaier, con vistosi assensi dell’omologo francese Bruno Le Maire.

Però tutti lo fanno, e non solo prendendo partito a favore delle forze europee, cioè del Pd e di Fi, perché tra i partiti maggiori gli altri sono reprobi. Dettagliano anche cosa il prossimo governo dovrà fare e soprattutto cosa dovrà assolutamente non fare: allentare le maglie del rigore.

I MINISTRI SI LIMITANO a dirsi «ottimisti sul fatto che anche in Italia le forze pro-euro vinceranno». E’ un endorsement, ma in fondo garbato.

Il commissario europeo all’economia Pierre Moscovici, invece, del garbo neppure si preoccupa e dopo aver esaltato l’inviolabilità del tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil (che quando lui era ministro la Francia sforava puntualmente), torna alla carica: «Il mio unico auspicio, perché sono gli italiani che votano, è che il prossimo governo sia pro-europeo. Stabilità e pro-europeismo sono criteri molto buoni».

Per tutto il resto, però, gli italiani sono liberi di scegliere.

Moscovici è una colomba. Il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis invece è un falco e quindi va giù anche più duro: «L’Italia deve continuare a ridurre il deficit. Un paio di mesi fa, con Moscovici, abbiamo mandato una lettera alle autorità italiane delineando lo sforzo di bilancio per continuare a ridurlo».

[do action=”quote” autore=”Valdis Dombrovskis”]L’Italia deve continuare a ridurre il deficit. Un paio di mesi fa, con Moscovici, abbiamo mandato una lettera delineando lo sforzo per farlo.[/do]

IL CORO NON FINISCE qui. C’è anche l’agenzia di rating Fitch, che aggiunge il suo anatema contro le «politiche espansive».

Ma soprattutto c’è Paolo Gentiloni, il presidente del consiglio uscente ma che l’Europa vuole che resti a palazzo Chigi.

Dopo l’uscita di ieri, il tifo di Bruxelles a favore di Gentiloni diventerà ancora più sfegatato: «Questo non è tempo di cicale. Non è il momento di scardinare i pilastri del nostro sistema, dalle pensioni al fisco», avverte infatti il premier. Senza dimenticare che nel prossimo futuro «bisognerà passare dalla stabilizzazione e leggerissima discesa del debito a una fase di riduzione graduale, sostenibile e significativa del nostro debito pubblico».

SONO PRECISAMENTE le parole che Dombrosvkis, Moscovici e Altmaier volevano sentire. Ma contro chi sono rivolte?

Certamente contro i diavoli populisti, la Lega che chiede l’abolizione della legge Fornero e il Movimento 5 Stelle che bersaglia addirittura il sacro parametro del 3%. Molto meno vanno intese come una presa di posizione contro Berlusconi, che ha sì dovuto infilare nel programma della destra l’abolizione della riforma delle pensioni, pena la rottura con Matteo Salvini, ma ha insistito perché ci fosse anche quella frasetta su una nuova riforma «compatibile» con i conti pubblici che smentisce in partenza la determinazione anti-Fornero.

MA, TRA LE RIGHE, il coro europeo a cui si accorpa Gentiloni è rivolto anche al segretario del Pd. Si dice «Luigi Di Maio» ma si intende anche «Matteo Renzi», perché in fondo ben prima di Luigino era stato proprio Renzi a sguainare la sciabola contro il tetto del 3% e il suo governo, a differenza di quello Gentiloni, aveva più volte innervosito l’occhiuta Europa vagheggiando proprio «politiche espansive».

DUNQUE L’EUROPA non delinea solo una maggioranza auspicata, quella Pd-Fi perché altra possibilità di tagliare fuori «i populisti» non c’è, ma indica anche il governo che questa maggioranza dovrebbe sostenere: guidato da Paolo Gentiloni, con Pier Carlo Padoan all’Economia e Renzi di fatto tagliato fuori dai giochi che contano davvero.

Il ragazzo di Rignano è certamente consapevole dell’assedio a cui anche lui è silenziosamente sottoposto. Ritiene però che la priorità, almeno fino al momento del voto, sia battere M5S e per questo conta soprattutto su Berlusconi.

Nella sua rubrica in edicola oggi su Panorama, Keyser Soze riporta un virgolettato esplicito del leader del Pd: con l’elettorato grillino «Berlusconi è uno dei pochi che riesce a parlare e a trovare gli argomenti giusti. L’unico che può massacrare il grillismo».

L’ALLEATO DI IERI e di domani è in fondo anche l’alleato di oggi e contro il Movimento 5 Stelle va benissimo anche l’appoggio dei duri di Bruxelles.

Ma se il governo del Nazareno riuscirà a nascere si può stare certi che la posizione di Renzi cambierà eccome.