Il giorno successivo all’allarme dell’Unhcr, secondo cui i campi di detenzione di migranti in Libia sono al collasso (52mila i richiedenti asilo stimati), il ministro degli esteri italiano Moavero Milanesi è arrivato a sorpresa a Tripoli.

Una missione lampo: ha incontrato il premier del governo di unità al-Sarraj, il suo vice Maitig e l’omologo Siyala. Obiettivo, «riordinare complessivamente i vari pezzi del puzzle libico». Un’impresa titanica, tenuto conto che quei leader non sono che una goccia nel mare di frammentate autorità che vigono nel paese.

La visita giunge a pochi giorni dalla presentazione della bozza di decreto che vorrebbe stanziare 1,15 milioni di euro per 12 motovedette per la famigerata guardia costiera libica e a 24 ore dall’ultima proposta del ministro degli interni Salvini: fine dell’embargo delle armi sulla Libia per armare Tripoli contro i trafficanti di uomini. Motovedette e armi, la ricetta per impedire le partenze.

Da parte sua Moavero ha definito la Libia «un paese così vicino in questo momento di sfide molto simili che stiamo affrontando». Sfide che coprono il vasto spettro di interessi italiani: la stabilizzazione del paese, il suo rilancio economico («Imprese italiane sono pronte a collaborare») e la questione migranti per cui è previsto un nuovo incontro, il 9 luglio a Roma, con l’inviato Onu Salamé.