In questo momento è l’unica nave di una ong che sta facendo rotta verso il Mediterraneo centrale. Un ritorno annunciato da tempo, quello dell’organizzazione tedesca Sea Eye, che venerdì notte ha ricevuto dalle autorità spagnole il permesso di lasciare Palma de Maiorca, dove la nave è rimasta ferma tre settimane per lavori di manutenzione. Stessa nave, nome nuovo: non più Professor Albrecht Penck, ma Alan Kurdi, in omaggio al bambino siriano di etnia curda di 3 anni annegato il 2 settembre 2015 e il cui corpo venne ritrovato sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. E’ stato proprio il padre del piccolo, Abdullah Kurdi, a battezzare nei giorni scorsi la nave con il suo nome.

L’Alan Kurdi – che batte bandiera tedesca – adesso riprenderà l’attività di ricerca e soccorso nella cosiddetta area Sar libica. A dicembre aveva salvato 17 migranti da un’imbarcazione in difficoltà rimanendo poi bloccata per giorni in mezzo al mare, insieme alla Sea Watch 3 con a bordo altri 32 migranti, dalla decisione di Italia e Malta di non aprire i propri porti. La situazione si è poi sbloccata solo a gennaio, grazie a un accordo raggiunto tra alcuni Paesi europei che si sono detti disponibili ad accogliere i naufraghi. «Il blocco maltese ha creato un buco finanziario nel budget di Sea Eye» spiega una nota della ong, nella quale si aggiunge che la missione partita venerdì notte «non avrebbe potuto essere realizzata senza la generosa donazione della Diocesi di Monaco di Baviera-Freising».

Praticamente scontato quanto accadrà quando la Alan Kurdi avrà compiuto il suo dovere e salvato dei migranti nel Mediterraneo. L’Italia non ha infatti cambiato la sua posizione di chiusura nei confronti delle navi delle organizzazioni umanitarie, e del resto la portavoce di Sea Eye ha già dichiarato che non è intenzione della ong riportare i migranti in Libia. Inevitabile, quindi, che possano ripresentarsi situazioni come quella subita dalla Sea Watch con la sua nave, rimasta dodici giorni in attesa prima di poter sbarcare a Catania. Una possibilità di cui si è tenuto conto nel lavori eseguiti in Spagna sulla Alan Kurdi e con i quali si è cercato di trovare più spazi chiusi per i migranti. Del nuovo equipaggio fanno parte anche tre marinai e un’infermiera spagnoli messi a disposizione dall’organizzazione Proem-Aid.

Sea Eye è per ora la prima delle navi umanitarie ad essere tornata in mare. La Sea Watch 3 è infatti ancora a Catania, sottoposta a una serie di controlli da parte delle autorità olandesi. La spagnola Open Arms è ferma nel porto di Barcellona, bloccata dalla decisione di Madrid di impedirne la partenza proprio a causa della scelta di alcuni governo di chiudere i porti. La Mar Jonio della piattaforma Mediterranea è ferma invece a Palermo. Tutte comunque sono intenzionate a riprendere il mare il prima possibile, mentre l’ong Sos Mediterranée – un network franco-tedesco-italo-svizzero finanziato da cittadini europei – sta ultimando le ricerche di una nuova nave. «Ci rattrista che dobbiamo condurre questa missione senza il sostegno diretto della navi di altre organizzazioni umanitarie o navi di proprietà dello Stato», ha commentato ieri Sea Eye. «Probabilmente saremo da soli e faremo affidamento durante la missione sul supporto del nostro Stato di bandiera». «E’ importante che laggiù ci sia qualcuno a soccorrere», è stato invece il commento della ong Sea Watch.