Mentre la morte dell’ennesimo detenuto per mancanza di cure adeguate fa scoppiare a Poggioreale una protesta dentro e fuori le mura che dura da un paio di giorni (addirittura con la battitura delle sbarre in due sezioni, cosa ormai poco frequente per via dell’individualizzazione delle lotte che non conosce differenza tra la società dei liberi e quella dei reclusi) provocando lo stato di agitazione di tutte le organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria che «chiedono un incontro urgente con il Dap e con il ministro della Giustizia», ecco, in questi stessi giorni il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, diventa oggetto di insulti e minacce per il solo motivo di aver fatto il proprio mestiere. Scomodo e in controcorrente, in questi tempi bui.

Il post che conteneva la relazione del Garante sul 41 bis, il regime di carcere duro riservato a mafiosi e terroristi, è stato ormai rimosso dalla pagina Facebook della Polizia Penitenziaria Società Giustizia e Sicurezza che ha così censurato la pioggia di bestialità (una per tutte: «Spero ti ammazzano un figlio») rinnovando invece «stima ed apprezzamento» per Palma, ritenuto «personaggio di alto profilo umano e professionale». Frasi oscene da ogni punto di vista messe nero su bianco da chi evidentemente si sente ormai legittimato ad ogni tiro al bersaglio, e sicuro di immunità.

Magrissima anche se necessaria consolazione, perciò, l’attestato di solidarietà cerchiobottista giunto dal Guardasigilli Alfonso Bonafede che, a nome di tutto il Ministero di Giustizia, ha definito quei messaggi «inaccettabili» e ha ricordato che «il Garante svolge il suo ruolo secondo quanto previsto dalla legge e non può essere per questo oggetto di offese e insulti». Per poi aggiungere, però, spinto da un’improrogabile necessità: «Sul 41 bis non sono d’accordo con il Garante ma il suo ruolo è fondamentale e deve, ovviamente, poter esprimere liberamente il suo pensiero».