Arrivano anche a Roma le pressioni sulla 194, legge che proprio quest’anno ha compiuto quarant’anni. Una mozione firmata da Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e da altri quattro consiglieri è stata presentata ieri al Consiglio capitolino e sarà in votazione lunedì prossimo. Il documento propone che la capitale venga proclamata «città favorevole alla vita» e chiede un piano di finanziamenti per associazioni attive nella prevenzione dell’aborto.«Fatta fuori dal governo dagli ex alleati della Lega, Giorgia Meloni non trova di meglio che replicarne le iniziative. Ma come già successo a Verona, le donne non staranno a guardare», dichiara la rete Non Una di Meno, che connette donne, associazioni e spazi femministi in tutta Italia.

In principio fu Verona, città storicamente conservatrice e centro propulsore di iniziative come il Family Day. Lo scorso 4 ottobre, con 21 voti favorevoli e 6 contrari il Consiglio comunale della città ha approvato una mozione presentata dal leghista Alberto Zelger che proclama Verona «città favorevole alla vita». La seduta consiliare è stata interrotta dalla protesta di un gruppo di donne travestite da «ancelle» (tunica rossa e copricapo bianco) in riferimento a una discussa serie televisiva che narra un futuro distopico in cui le donne sono ridotte in schiavitù a fini procreativi.

Nei giorni successivi la realtà italiana ha continuato a rincorrere la finzione cinematografica. Dopo Verona infatti è arrivato il turno di Ferrara. Anche qui l’11 ottobre il consigliere FdI Alessandro Balboni presenta una mozione che richiede maggiore sostegno alle «gravidanze difficili» argomentando con la necessità di contrastare l’uso della pillola abortiva RU486 in quanto rende più difficile «un approccio di reale e concreto aiuto per la donna incinta, lasciandola sola in un momento particolarmente critico». Un testo praticamente identico ai precedenti due è arrivato anche al Campidoglio a firma Fratelli d’Italia. Il tratto principale di queste mozioni è lo stravolgimento del senso della 194 stessa. La legge che nel 1978 ha introdotto il diritto all’aborto in Italia infatti, all’articolo 1, «riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio». Proprio su questa «tutela» fanno leva le mozioni dei partiti di estrema destra per chiedere qualcosa di molto diverso dalla semplice protezione: piani di finanziamento a strutture e associazioni private anti-abortiste, per consolidare la loro presenza e il loro impatto sul territorio.

Eppure le associazioni cattoliche antiabortiste non sono certo una realtà minore nel Paese. L’80,7% dei medici ginecologi del Lazio ad esempio si rifiuta di praticare aborti esercitando l’obiezione di coscienza, rendendo tortuoso l’iter dell’interruzione di gravidanza in quasi tutte le strutture ospedaliere regionali. L’attuale ministro della Famiglia Lorenzo Fontana ha suscitato molteplici polemiche per aver aderito al Comitato No194, lobby che promuove iniziative e raccoglie firme per abolire del tutto la 194, alla quale fa riferimento anche la compagine neo-fascista Forza Nuova.

Lunedì l’esito del voto in Campidoglio dipenderà molto dalla posizione della maggioranza 5Stelle che su questi temi manca di una posizione molto netta. «Saremo in Campidoglio per impedire che questa mozione passi», dichiara la rete Non Una di Meno che, anche in risposta a questi molteplici tentativi, ha dichiarato lo stato di agitazione permanente.