Si sono ritrovati non distanti dal ponte Morandi e dalla zona rossa, nel quartiere Certosa di Genova, proprio nel giorno di avvio del cantiere per la demolizione del viadotto. I No Terzo Valico hanno scelto questo luogo altamente simbolico per dire che la Valpolcevera merita un futuro diverso: «Non è un corridoio logistico, ma deve sapere ritrovare la bellezza, deve tornare a essere un luogo di vita», ha detto Lorenzo Torrielli, attivista genovese dei comitati No Tav della Val Verde. «Tra Valle Scrivia e Valpocevera, a cavallo fra Liguria e Piemonte, vivono – ha aggiunto – oltre 50 mila persone che impiegano un’ora per raggiungere un pronto soccorso aperto 24 ore. Invece di spendere 6,2 miliardi di euro per trasportare le merci da Genova a Tortona in quindici minuti in meno, si dovrebbe investire su migliori servizi pubblici in una Valle già devastata dal cemento».

L’ultimo via libera all’opera è stato dato da un ministro a Cinque Stelle, un tempo alleati dei No Tav ora «sotto contratto» con la Lega di Salvini. Una decisione – avvenuta dopo la conclusione dell’analisi costi-benefici – che non ha sorpreso i manifestanti («era, purtroppo, nell’aria»), ma ha sollevato grande sdegno per «l’ennesimo voltafaccia». In presidio, davanti alla stazione Brin, ieri c’erano anche Marika Cassimatis e Paolo Putti, ex M5s fuoriusciti tempo fa, in dissenso, dal partito fondato da Grillo e Casaleggio, che, ora, prova a giustificare l’ultima contestata scelta come tecnica e obbligata, frutto degli errori del passato. L’opera, insomma, s’ha da fare, nonostante i tanti aspetti negativi, e non si può fermare, perché, secondo il ministro Toninelli, costerebbe troppo farlo «un miliardo e 200 milioni di euro di soldi pubblici».

Non la pensano così i No Tav che non credono «all’irreversibilità di una scelta sbagliata», visto che, se sono già stati spesi 1,5 miliardi, «ne mancano oltre 4,5 da spendere, una somma assai considerevole». In piazza a Genova sono scesi oltre al movimento No Terzo Valico, diversi circoli Arci della città, Rifondazione, Potere al Popolo, i No Gronda e i comitati cittadini di Borzoli, Fegino e Certosa.

È una storia complessa quella del Terzo Valico. Il progetto nacque sul finire del 1991, dopo che dal primo tavolo dell’Alta velocità, apparecchiato per Fiat, Eni e Iri nell’estate di quell’anno, rimasero fuori i Ferruzzi e i Ligresti. Proprio a loro venne affidato il progetto del Supertreno Milano/Genova, che, dopo svariate bocciature, si è trasformato nel ridotto, ma più esoso, attuale progetto ferroviario che dal nodo ferroviario di Genova arriverebbe alla Piana di Novi, per riconnettersi alla linea tradizionale. Da quell’estate torrida di ventisette anni fa a oggi i guai giudiziari hanno tormentato a più riprese il Terzo Valico. È una storia che ha attraversato la prima, la seconda e la terza Repubblica. Tanto vecchia da piacere anche all’attuale «governo del cambiamento».