Il primo a spifferarlo era stato la scorsa settimana l’amico e consigliere Bruno Tabacci: «Pisapia secondo me è molto vicino a mollare, è molto disamorato». Dal quartier generale dell’ex sindaco di Milano era subito arrivata la smentita:«L’impegno di Campo progressista, e quindi anche di Pisapia, prosegue».

Ieri un articolo sulla Stampa però è di nuovo tornato sull’argomento. Alla riunione di lunedì scorso a Milano, davanti a amministratori e quadri della rete di Campo progressista, Pisapia ha gelato tutti sottolineando la ferma intenzione di non candidarsi alle prossime politiche: «Il mio ruolo è e sarà quello di garante».

In teoria non è una novità. Già a metà luglio, ai tempi della mai nata formazione Insieme, con Mdp, lo stesso concetto («Non mi candido») aveva indispettito e insospettito Bersani e D’Alema. E insinuato in tutti, amici e nemici, il dubbio che la vocazione alla leadership di quello che in quel momento veniva gratuitamente omaggiato come il «nuovo Prodi» della sinistra non fosse poi così solida e affidabile. Un dubbio fin lì scacciato come mosca fastidiosa dai suoi compagni di strada.

Stavolta non c’è nessun bisogno di smentite ufficiali. Pisapia ha sempre detto che non ambiva a una poltrona, alla lettera la posizione resta la stessa. Ma a questo giro, dopo la rottura con Mdp, la frase suona come un vero preannuncio di disimpegno, in attesa dei risultati delle regionali di Sicilia. Dove con ogni probabilità sarà certificato che le divisioni fra Pd e sinistre, a prescindere dai torti e dalle ragioni, consegneranno l’isola al centrodestra (invece unito). Lo stesso schema ripetuto su scala nazionale sarebbe l’oggettivo fallimento delle ambizioni dell’ex sindaco. Quindi, probabilmente, segnerebbe la sua ritirata dalla scena politica.

La prova del nove potrebbe anche arrivare prima. Pisapia ha confermato la sua presenza domenica a Roma, alla convention di Emma Bonino e dei Radicali italiani sugli Stati uniti d’Europa. In quell’occasione, descritta da alcuni come varo di un listone progressista nazionale, potrebbe lasciare trasparire le sue reali intenzioni. Sempreché le abbia già chiare nella sua testa.

«Campo progressista ha convocare un’assemblea nazionale per l’11 dicembre a Roma, preceduta da alcune assemblee regionali», taglia corto Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della regione Lazio. La rete, dunque, va avanti in ogni caso. «Sarà l’occasione per mettere insieme un coagulo di forze plurali della sinistra diffusa con la diaspora socialista, gli ambientalisti e altre culture. Noi restiamo fermi su un punto indispensabile e difficile: non saremo una lista civetta del Pd, non ci interessano i processi di acquisto delle singole personalità. Ma neanche la sinistra che pensa che Renzi sia come Mussolini».