Cara Luciana,
tu non mi conoscerai, ma io sono cresciuta con i tuoi testi e ti confesso di essere rimasta delusa dal tuo breve scritto su di noi, per come liquida un’esperienza larga e finalmente entusiasmante come «Potere al popolo!», che, vogliamo dirlo chiaramente, non è capeggiata da Rifondazione ma nasce dall’appello del centro sociale Je so pazzo e trae la sua forza dalle oltre 100 assemblee che si sono svolte e si svolgono ancora in tutto il paese con una partecipazione larga anche di soggetti organizzati.

«Potere al popolo!» nasce con l’idea di far sentire la voce degli esclusi, per rappresentare i non-rappresentati, che in questo paese sono maggioranza, per riattivare la partecipazione dal basso.

Questo progetto, non a caso, è stato subito riconosciuto da Podemos, da Momentum, da France Insoumise. La nostra strategia è chiara: ricostruire un terreno sociale tramite pratiche di lotta, mutualismo, solidarietà, controllo popolare delle istituzioni; ri-politicizzare ampi settori delle masse; riportare una grossa fetta giovanile a parlare di politica.

La strategia che invece tu ci proponi è di andare insieme a D’Alema, Speranza, Bersani, politici che, persa la lotta di potere dentro al Pd, cercano di raccogliere voti per riproporci un nuovo centrosinistra. Dubitiamo fortemente che, come tu scrivi, Lenin, Gramsci e Togliatti sarebbero stati sostenitori di D’Alema e Bersani. Poi magari li abbiamo letti male noi, eh.

Di sicuro quello che ti chiediamo non è di condividere il nostro progetto, ma di informare correttamente.

Di continuare a essere curiosa e soprattutto di pensare ai giovani, non soffocando nella culla ogni loro speranza di trasformare davvero questo paese. Grazie e speriamo a presto!

Viola Carofalo, portavoce nazionale «Potere al popolo!»

Luciana Castellina su il manifesto imputa a Potere al Popolo un grave limite. Questa lista ignorerebbe la complessità del pensiero comunista, si limiterebbe ad esprimere bisogni, mancando di analisi della situazione reale e di strategia, che renda quelle rivendicazioni praticabili.

Ciò meriterebbe l’aspra critica di Lenin, Gramsci, Togliatti. Come Pci – nato attraverso un processo assai più ampio di quello cui è solito ricondurlo il manifesto, ossia la mera prosecuzione del PdcI – non siamo d’accordo con questa tesi. Tale lista è nata su proposta di Je so’ pazzo e in breve ha acquisito il sostegno di partiti, associazioni, movimenti, di tanti che non si riconoscono nelle proposte in campo.

Siamo di fronte ad una lista plurale, nella quale si trovano esperienze e idealità diverse, e che, come tale, andrebbe valutata, evitando di ricercare in essa l’egemonia di questo o quel soggetto.

La situazione nella quale si è chiamati a operare è stata ampiamente analizzata dai componenti la lista. È in relazione ad essa, alla globalizzazione all’insegna della concentrazione del capitale finanziario, dell’imperante cultura liberista, dell’austerità, che discende l’esigenza di operare una radicale rottura con le politiche in atto, largamente riconducibili ai governi di centrodestra e di centrosinistra da tempo alla guida del Paese.

Ciò sostanzia il no al Pd, al centrosinistra, qualunque sia la sua articolazione, ma anche l’essere alternativi a Liberi e Uguali che guarda al rilancio del rapporto con l’uno e con l’altro.

Ciò non significa non porsi la questione delle condizioni funzionali ad affermare i bisogni che la lista evidenzia, bensì non ritenere possibile realizzarle costruendo una lista più ampia a sinistra, come da tempo Luciana Castellina ritiene necessario…

Mauro Alboresi, segretario nazionale Pci

La risposta di Luciana Castellina
sul manifesto in edicola il 12 gennaio 2018

Queste lettere ripropongono sostanzialmente i pareri già esposti da Pasquale Voza e Maurizio Acerbo. Cui ho già risposto.

Sebbene il nostro dissenso verta su questioni serie, e meriti dunque un confronto, è difficile svilupparlo sulle pagine di un quotidiano.

Mi auguro che avremo modo di farlo perché il dibattito (che non è il bisticcio di cui sempre viene accusata la sinistra) fa sempre bene.

Mi limito in questa sede a dire che sarebbe tuttavia meglio non travisare le cose: «Liberi e uguali» non sta riproponendo la politica del Pd, nasce anzi, al contrario, proprio dal maturare di una crisi di questo partito che ha infatti determinato l’abbandono di una sua autorevole e consistente componente.

È da questa rottura positiva che l’ipotesi della lista comune ha preso le mosse, non dunque da una nostra adesione all’esperienza del centro sinistra.

Il disaccordo con i compagni di Potere al popolo riguarda infatti un’altra cosa: se per dare una prospettiva all’area sociale che vogliamo rappresentare – le vittime di questo sistema – sia più efficace la semplice riproposizione dei loro bisogni (per altro purtroppo sorretti da un movimento per ora assai fragile) o non sia meglio cercare di costruire, oltre al movimento sociale, anche un fronte più ampio che possa dare alla lotta un riferimento più forte in parlamento; e dunque una prospettiva più efficace.

Il Pci riuscì per una lunga fase a vincere perché coniugò un fortissimo movimento di lotta con la ricerca delle alleanze, e delle mediazioni, che potevano consentire di registrare un più favorevole rapporto di forze anche a livello istituzionale.

Le conquiste importanti ottenute per alcuni decenni nascono da questa impostazione. Lungo questo cammino ci sono stati successi, cadute, errori gravi, ma non è una buona ragione per tornare ad un’idea primitiva della politica.

Il tentativo che facciamo avrebbe sicuramente avuto maggiori probabilità di riuscire se chi ha dato vita a «Potere al popolo» avesse accettato di contribuire a questa sfida.

Così non è stato, adesso cerchiamo almeno di garantire durante questa campagna elettorale le condizioni per una non inquinata riflessione futura.

Luciana Castellina