Botta e risposta al fulmicotone tra il governo e la sindaca di Roma. Lo scambio infiamma le polveri della campagna elettorale, occasione è il lancio del Patto Costituente per Roma al Tempio di Adriano.

Il padrone di casa è il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, sfidante di Raggi alle ultime amministrative. L’iniziativa, spiega, «guarda al 2021 a prescindere da chi sarà il prossimo sindaco, coinvolgendo tutte le forze politiche». Raggi non c’è.

Da questa defezione divampa la polemica. L’organizzatore racconta di averla cercata a lungo e per vari canali. «Mi ha scritto alla fine il cerimoniale del Campidoglio – dice Giachetti – spiegando che non poteva essere presente per impegni istituzionali».

In platea c’è anche il presidente del Coni Giovanni Malagò, altra vittima dei bidoni della sindaca: quando si trattò di dovergli comunicare de visu il no ai giochi olimpici, Raggi non si presentò. Per inciso, bisogna dire che la strategia dell’assenza colpisce tutti.

Lo stesso stile subiscono da mesi, fuori dagli eventi di palazzo, le associazioni di base: le ultime a farne le spese sono le donne del collettivo Lucha y Siesta, che occupano un edificio Atac al Tuscolano a rischio privatizzazione. Due giorni fa erano state convocate per un tavolo con gli assessori competenti, ma della giunta non si è visto nesssuno.

Al di là delle faccende di bon ton, la polemica che corre lungo la direttrice Palazzo Chigi-Campidoglio era nell’aria. Il primo ad attaccare è il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda. «Non possiamo pensare che sulla capitale d’Italia stiamo qui sulla riva ad aspettare il cadavere che passi» esclama a proposito del Tavolo su Roma, che da qualche mese si convoca su sollecitazione di sindacati e associazioni di categoria.

«La crisi di Roma è una crisi di struttura industriale della città – spiega ancora Calenda – Il tavolo non aveva l’obiettivo di individuare una responsabilità sul declino, perché sono problemi che vengono la lontano. Avverto la totale mancanza di un processo di lavoro: io non ho una controparte. A questo punto io dichiaro il fallimento del tavolo’».

Gli fa sponda il presidente del consiglio Paolo Gentiloni: «Siamo il governo e non possiamo non avere uno spirito di collaborazione su Roma anche se talvolta questo aiuto è stato accolto con sospettosa riluttanza».

I motivi di tensione non mancano. Solo qualche giorno fa, il governo aveva rinnovato la gestione commissariale del debito di Roma, suscitando le ire dell’assessore al bilancio Gianni Lemmetti, che aveva chiesto che fosse la stessa sindaca a ricevere la nomina.

Poi sono arrivati al pettine i nodi di alcuni dei dossier più scottanti. Mentre imperversava la crisi dei rifiuti, l’assessora ai trasporti Linda Meleo ha prima annunciato (e poi ritrattato) che dal 26 gennaio i servizi di bus e metro potrebbero saltare se non dovesse proseguire la procedura di concordato fallimentare intrapresa per Atac.

Ci si muove sul crinale strettissimo, tra ristrutturazione del debito e liquidazione. Con la mancanza di un piano industriale, la mannaia della legge Madia sulla liberalizzazione dei servizi e il referendum promosso da Radicali italiani sulla messa a gara del trasporto pubblico.

Come se non bastasse, gli assessori romani hanno disertato in massa l’incontro con l’Agenzia comunale dei servizi, che alla fine dello scorso anno aveva diffuso pagelle negative sullo stato dell’amministrazione grillina. Il presidente dell’Authority è stato nominato dalla maggioranza pentastellata: questa volta la diserzione della giunta viene interpretata come un segnale di scollamento tra consiglieri e assessori.

In questo clima arriva la replica di Virginia Raggi. Che rivendica i buoni rapporti con alcuni dei ministri, probabilmente alludendo all’intesa trovata nei mesi scorsi con Marco Minniti su sgomberi e migranti. E poi attacca: «Ho chiesto più volte al premier che l’esecutivo si adoperasse finalmente per attuare la legge che nel 2010 ha istituito Roma Capitale. Il governo non ha mai risposto. In genere, evito le polemiche ma non amo le falsità. Se Gentiloni è davvero in buona fede, come pare, si impegni sui decreti attuativi della legge per Roma Capitale».