Women Out of Joint, il femminismo è la mia festa è il festival organizzato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma e dall’Iila, dal 28 al 30 settembre. Incontri, performance, proiezioni, e la presentazione dell’archivio di Carla Lonzi, femminista, scrittrice e critica d’arte. Fra le ospiti, ci sarà Eli Vásquez, avvocata e attivista transfemminista ecuadoriana, fondatrice del progetto Transgen3ro di Quito e consulente legale di istituzioni pubbliche e private, promotrice di alcune norme costituzionali in materia di diversità sessuali e di genere. Usa la creatività legale, a partire dal diritto civile, per avviare progressi in materia di uguaglianza di genere, soprattutto per i diritti trans e le tematiche su corpo, identità, famiglia e lavoro sessuale. In attesa dell’incontro del 29 settembre le abbiamo rivolto alcune domande.

Quali sono le battaglie a cui sta lavorando?
Dopo aver seguito il caso di Luis Enrique Salazar contro il Registro civile nel 2007, un «semplice» richiamo amministrativo che ha permesso in Ecuador alle persone trans di cambiare il nome, lavoro a Salud en cuerpos distintos che propone al sistema di salute pubblica di considerare le necessità di transizione ormonale e chirurgica delle persone trans, e a un programma di giustizia di strada per formare mediatori, fra le leader del sindacato delle lavoratrici sessuali di Quito, per la soluzione di conflitti nello spazio pubblico.

Può raccontarci il progetto «Transgen3ro»?
È un collettivo di riflessione e azione transfemminista, interculturale e alternativa, fondato nel 2002. Transfemminista perché va oltre il soggetto donna, propone un’alleanza politica fra donne e persone femminili, maschili, e di qualunque condizione sessuale, compresi gli uomini con una coscienza femminista. Attraverso l’uso alternativo del diritto, ovvero l’uso del diritto contro il diritto, le nostra azioni combinano l’attività legale all’incidenza politica con interventi artivisti (artistici-attivisti, ndr)

Eli Vasquez

Che clima si respira su questi temi in Ecuador e quali sono le istanze più urgenti?
Lavorare su genere, sessualità, riproduzione e prostituzione non è neutrale, ma crea una tensione con la mentalità sociale. Il mio transfemminismo è erede del femminismo autonomo latinoamericano. Ho imparato che l’autonomia è un’attitudine che non si lascia fermare dal contesto politico, ma va oltre. L’aborto, la diversità sessuale, sono temi sensibili, bisogna ricorrere ad approcci audaci, avanguardisti. Il tema più urgente è ottenere giustizia sociale con le lavoratrici trans del sesso con cui lo Stato ha un debito storico a causa della discriminazione, la loro speranza di vita è in media di 37 anni. È prioritario anche che il sistema sanitario non lasci che le persone ricorrano all’autointervento sui loro corpi, ma che s’inizi a considerare che i soggetti della diversità non chiedono unicamente diritti civili in astratto, ma l’accesso a diritti economici, sociali e culturali dei quali sono stati storicamente privati. L’altro grande tema da combattere socialmente e giuridicamente è la tutela patriarcale; che le donne e gli altri soggetti femminili non siano degni dei loro corpi e non meritino di avere il controllo delle loro decisioni identitarie, sessuali e riproduttive. Questa è una delle più grandi sfide. L’utero è l’ultima trincea della tutela patriarcale e le iniziative transfemministe attaccano proprio questa forma che resiste nella mentalità sociale e nella legge. C’è una sorta di complesso coloniale che induce le attiviste e le politiche istituzionali a importare qualcosa che fa parte del canone europeo, nordamericano, invece di osare una sperimentazione «locale». Nel progetto Mi Genero Mi Cédula molti pensavano che dovessimo ricalcare la legge argentina sul genere, una legge molto buona, la più avanzata, ma non necessariamente giusta per l’Ecuador dove c’è un’altra Costituzione e un altro contesto. Questo ci impedisce di proporre progetti radicati nella nostra realtà e di arricchirci ad esempio con il dialogo con il transgenderismo ancestrale, in Ecuador molto ricco di sfumature, una diversità che potrebbe ispirarci per portare al mondo concetti nuovi in materia di identità di genere. Un’altra difficoltà è la debolezza del sistema giudiziario: le nostre corti non sono sufficientemente autonome e forti nell’interpretare il diritto. C’è un vento di conservatorismo in tutta la regione, ma ci sono anche molti nuovi gruppi attivisti. Siamo in un momento di interessante fermento politico. Con Patrulla Legal in sedici anni di consulenza legale itinerante per le strade della Quito Trans si è aperto un dialogo anche fra polizia e transgender, questo ha fatto sì che i procedimenti di polizia siano diventati più sensibili alle tematiche di genere migliorando il trattamento quotidiano degli agenti verso le persone trans che esercitano la prostituzione. Trans Tango, nato nel 2005, ha coinvolto molte coppie trans. L’idea era creare un ribaltamento in una danza che ha ruoli rigidi, proponendo contro questa rigidità lo straripamento del genere, la sua plasticità. Nella Casa Trans invece si è sperimentata la convivenza, con un effetto di sensibilizzazione sociale importante.

Qual è stato il processo che ha portato alle cinque norme che oggi sono articoli della costituzione ecuadoriana?
È stata un’opportunità storica, sono stata consigliera di Tania Hermida all’Assemblea Costituente del 2008. Insieme abbiamo lavorato per favorire la cultura della diversità di sesso e dell’uguaglianza di genere. Ho proposto la norma di non discriminazione per l’identità di genere, il diritto di scegliere il nome, e di libertà estetica, la formazione di una famiglia nei suoi diversi tipi e il divieto costituzionale di applicare norme discriminatorie soprattutto nei confronti delle lavoratrici del sesso, verso le quali si usavano norme ambigue. Grazie a questo articolo in strada ora si rispetta l’identità delle persone, mentre la norma di scegliere il nome ha avuto un effetto insperato: l’anno seguente all’approvazione c’è stata una presenza massiccia di studenti trans nelle università e a seguire nelle professioni.

In cosa consiste il «Pacto Trans» Ecuador?
È una piattaforma del movimento trans formata da diciotto organizzazioni. Fra le proposte la non discriminazione per l’identità di genere. Una delle apparizioni più forti del Pacto Trans è stata nel 2013 quando nell’Assemblea Nazionale durante la discussione della riforma di Mi Genero en Mi Cédula, 300 persone trans, attiviste di tutto l’Ecuador, si sono riunite per la prima volta. Questa presenza di corpi e identità diverse ha dato grande forza e visibilità al movimento.