Apparentemente centrato sui mutati atteggiamenti della società inglese nei confronti degli omosessuali dagli anni Quaranta a oggi, l’ultimo romanzo di Alan Hollinghurst, Il caso Sparsholt (appena uscito da Guanda per la traduzione di Riccardo Cravero, pp. 504, euro 20,00) sembra procedere in maniera affatto lineare, partendo dalle pulsioni omoerotiche di alcuni studenti oxoniani, tutti invaghiti nel periodo bellico di un coetaneo dal fisico scultoreo, per poi seguire l’educazione sentimentale del figlio di quest’ultimo, un pittore gay che passa dalle frustrazioni dell’adolescenza a quelle dell’incipiente vecchiaia.

Non è facile, tuttavia, discernere la sofisticata struttura di rimandi e rispecchiamenti su cui il romanzo si regge: diviso in cinque sezioni, ha sullo sfondo, a partire dalla terza parte, il «caso», suggerito piuttosto che descritto, cui il titolo fa riferimento, squallido affare di sesso e prostituzione maschile in cui sono coinvolti un losco parlamentare, un ambiguo faccendiere e il padre stesso del protagonista.

A una lettura superficiale, il linguaggio impeccabile di Hollinghurst – senza dubbio uno dei migliori stilisti anglosassoni viventi – sembra al servizio di una narrazione senza scosse o sperimentalismi; ma a un’osservazione più attenta e emancipata da curiosità più o meno pruriginose, Il caso Sparsholt si rivela un raffinatissimo congegno letterario, in cui ognuna delle cinque sezioni rimanda, in maniera tutt’altro che scontata, alla precedente, creando un particolarissimo gioco di specchi.
Tutto prende avvio nella Oxford del 1943, con un centinaio di pagine scritte nello stile della narrativa di ambiente universitario della prima metà del Novecento, un autentico pastiche di stilemi, espressioni lessicali, forme del periodare, giri di parole e dettagliate descrizioni che rimandano non solo ad autori cari a Hollinghurst come Henry James e E. M. Forster, ma anche e soprattutto all’Evelyn Waugh di Ritorno a Brideshed.

Tour de force stilistico
É, in ogni caso, un modo di raccontare in prima persona tanto elegante quanto apparentemente datato, in forma di narrazione memorialistica che al termine della sezione si fingerà essere stata ritrovata tra le carte di uno degli ex-studenti, Freddie Greene, dopo la sua morte. L’espediente permette a Hollinghurst sia di lanciarsi in un notevole tour de force stilistico, sia di suggerire l’importanza, nel testo, delle dinamiche cronologiche, con l’avvicendarsi delle generazioni, e il lento ma inesorabile procedere di ogni vita verso l’invecchiamento e la morte.

Le successive quattro sezioni del romanzo, ambientate rispettivamente nel 1965, nel 1974, negli anni Novanta e nel 2012, narrate tutte in terza persona secondo il punto di vista di Johnny, figlio dell’aitante David Sparsholt e al tempo stesso oggetto del desiderio degli studenti oxoniani, riprendono e rielaborano temi e situazioni reperibili nel memoriale che occupa la prima parte del libro, sottolineando implicitamente convergenze e cambiamenti nella condizione omosessuale individuale e collettiva. Anche in questo caso, Hollinghurst si muove con una perizia tanto notevole quanto dissimulata, facendo sì che i fatti narrati nel memoriale, cambiati i protagonisti e gli ambienti, si riflettano nelle (dis)avventure di Johnny Sparsholt: dagli amori non corrisposti alla difficoltà di mettersi in relazione con un’ingombrante figura paterna.

È soprattutto l’ossessione per il padre a creare un punto di contatto tra Johnny e uno dei giovani che appaiono nel memoriale, Evert Dax, figlio di uno scrittore di successo arrogante e presuntuoso. Evert, uno dei personaggi-chiave del romanzo, perdutamente innamorato di David Sparsholt a Oxford, riapparirà, ormai anziano, a Londra, per occupare una parte, in maniera del tutto casuale, anche nella vita del figlio di lui, Johnny. Proprio nell’ambiente artistico e intellettuale londinese si rendono manifeste le somiglianze tra le loro vicissitudini esistenziali: mentre Evert, raggiunto il successo come saggista, si blocca di fronte alla biografia del padre, Johnny pur essendo un buon ritrattista, perseguitato dall’ombra dello scandalo non riuscirà mai a ritrarre il proprio genitore.

Biografia e ritratto sono interpretati da Hollinghurst come due modi analoghi di scandagliare l’animo umano, spesso mettendone in luce le pieghe più nascoste e meno confessabili: il biografo teme che nel suo scritto il padre finisca per somigliare sempre di più a un mostro, mentre delle persone dipinte da Johnny si legge che «sembravano spesso un po’ a disagio, come se stessero rivelando qualcosa di loro che avrebbero preferito tenere per sé». In questo senso, la vicenda del pittore, che può mostrare liberamente il proprio orientamento sessuale, è anche il contraltare dell’esperienza paterna: con il passare del tempo, il fatto che Johnny pratichi apertamente ciò che David ha dovuto sottomettere al segreto prima, e alla gogna poi, si frappone come una barriera insormontabile alla possibilità di un sereno rapporto tra i due.

Allo stesso modo, tanto al memoriale d’inizio quanto alla narrazione onnisciente, entrambe espressioni di un preciso orientamento sessuale, si oppone il punto di vista ingenuo di Lucy, una bambina di sette anni che, nella quarta parte del romanzo, si confronta a modo suo con il mondo degli adulti che la circondano. Figlia di una ricca lesbica altoborghese cui Johnny ha donato il suo seme per la fecondazione artificiale, la bimba interpreta in maniera fantasiosa l’ambiente artistico gay frequentato dal padre: rifacendosi ancora una volta al suo autore favorito, Henry James, Hollinghurst offre una sorta di versione aggiornata e (auto)ironica di Ciò che sapeva Maisie. Le pagine in cui si narrano le giornate che padre e figlia trascorrono insieme, nell’appartamento in Fulham Road, una strada il cui nome ricorda a Lucy «il tonfo di un passo stanco, la farina scossa dentro un tupperware», sono senza dubbio le più vivaci del romanzo che, purtroppo, altrove conosce momenti di stanchezza.

Descrizioni di atmosfere
Se il gioco dei rimandi è notevole nel Caso Sparsholt, ancora più significativi sono i ritorni tutt’altro che casuali di atmosfere e immagini. David Sparsholt appare per la prima volta mentre fa ginnastica, seminudo, dietro una finestra illuminata; più di due decenni dopo, sarà ancora la sua immagine dietro una finestra, in una fotografia, a incriminarlo, mentre, al termine del romanzo, un suo ritratto in posa da ginnasta, dipinto da un compagno di studi a Oxford, sarà donato a Johnny proprio da Evert Dax.

Allo stesso modo, al fascino inquietante del coprifuoco a Oxford nei giorni di guerra fa riscontro la non meno perturbante oscurità della Londra colpita dai black out durante la crisi degli anni Settanta: in queste descrizioni notturne la scrittura di Hollinghurst imita e supera la pittura, ritraendo «un paesaggio urbano fatto non solo di tratti a carboncino, ma anche di rumori», o restituendo, grazie alla particolare luminosità delle lampade a cherosene, o al bagliore delle candele, la magia di «meraviglie accidentali da serate invernali di una volta». Magia che risulterà distrutta nell’ultima sezione del romanzo, dove il buio riconferma la solitudine di Johnny dopo la morte del suo compagno o, altrove, crea l’atmosfera inquietante di una discoteca, scenario convulso per incontri erotici al tempo di Internet porn.