Battisti sfida Bolsonaro: non puoi estradarmi

Battisti sfida Bolsonaro: non puoi estradarmi
di Adelaide Pierucci
Giovedì 1 Novembre 2018, 09:00 - Ultimo agg. 20:42
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ROMA «Nessuna fuga, assolutamente. In Italia possono dire quello che vogliono. Io sto andando a casa ed è tutto tranquillo». Cesare Battisti, l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, assicura, parlando a Radio Rai, di non aver iniziato una nuova fuga per via dell’estradizione promessa dal futuro presidente, Jair Bolsonaro, all’Italia. Il sospetto di un allontanamento di Battisti, condannato in Italia per la partecipazione in quattro omicidi, era sorto dopo i reportage de La Stampa e Il Giornale, che ne denunciavano una possibile fuga da Cananéia, la città paulista dove vive l’italiano. «Vado a San Paolo una volta al mese, cinque giorni al mese per ragioni mediche. Questa volta anche per trattare la pubblicazione del mio libro. Sto tornando a casa come sempre, quindi non c’è niente di allarmante, non sto facendo niente oltre la routine», ha spiegato dopo ore di incertezza.

I DUBBI
Non si sa se Battisti avesse davvero iniziato una nuova fuga, ma i suoi amici lo dipingono come un uomo allo stremo: «Non ne può più di quest’assedio nei suoi confronti. È stanco, vuole solo pensare al suo libro. Stiamo pianificando il tour delle librerie per il lancio. L’abbiamo sentito a inizio settimana, ci aveva chiesto qualche consiglio sulle strade da fare in macchina per spostarsi sul litorale», spiegano a Il Messaggero la sociologa Silvana Barolo e il marito Carlos Lungarzo, che da anni offrono il loro sostegno a Battisti. Per la legge brasiliana, Battisti è libero di circolare per il Paese. Dallo scorso aprile, infatti, il Superior Tribunal de Justiça (Stj) ha disposto la revoca delle misure cautelari come il braccialetto elettronico e l’obbligo di firma. L’unico divieto permanente è quello di non lasciare il Brasile.

LA PROMESSA
Bolsonaro, eletto presidente, ha più volte promesso che farà «un regalo» all’Italia agevolando una rapidissima estradizione. «Sarò lieto di recarmi personalmente in Brasile anche per andare a prendere il terrorista rosso Cesare Battisti e portarlo nelle patrie galere», aveva risposto entusiasta, nei giorni scorsi, Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno. Ma Battisti ha una visione totalmente differente: «Bolsonaro può dire quello che vuole, io sono protetto dalla Corte Suprema. Le sue sono solo parole, fanfaronate. Non può fare niente, c’è una giustizia, io per la giustizia sono protetto, lui non ha nulla a che vedere con questo».

Per l’Italia si tratta di un caso irrisolto, ma l’ex terrorista ha ragione nell’affermare che la giustizia brasiliana è dalla sua parte. Bolsonaro, che non entrerà in carica prima del gennaio 2019, non può scavalcare le competenze del Tribunale Supremo Federale, la massima autorità giudiziaria del Paese. Per l’ordinamento brasiliano, la questione è infatti diventata più grande del caso Battisti. La Corte Suprema deve stabilire se un Presidente, in questo caso Bolsonaro, può revocare una decisione presa da un suo predecessore, in questo caso Lula, che nel 2010 negò l’estradizione.

LE POSIZIONI
La difesa di Battisti continua a sostenere che un presidente possa revocare la decisione solo entro 5 anni e l’ex terrorista non si è mostrato per nulla preoccupato: «Non penso che Bolsonaro abbia interesse a creare discordia tra il potere giudiziario e l’esecutivo», ha detto a Radio Rai. Il presidente della Repubblica uscente, Michel Temer, pur potendo contare sul parere favorevole all’estradizione dell’avvocatura dello Stato e della Procura generale della Repubblica, non si è preso questa responsabilità proprio per non entrare in conflitto con la Corte.
Si tratta, comunque, di discorsi ipotetici, poiché la Corte deve ancora fissare una data per la discussione. L’ambasciata italiana ha incontrato il giudice Fux, relatore del caso, segnalandone la priorità, ma a Brasilia tutto rimane immobile. 
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