Jihad, nel covo napoletano
la fabbrica dei falsi documenti

Jihad, nel covo napoletano la fabbrica dei falsi documenti
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 30 Marzo 2018, 08:16 - Ultimo agg. 31 Marzo, 08:48
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A Napoli e Caserta avevano fabbricato una falsa carta d'identità e un falso permesso di soggiorno anche per Anis Amri, il jihadista che nel 2016 compì l'attentato ai mercatini di Natale di Berlino che causò 12 morti e oltre 50 feriti. Una banda di quattro tunisini legati da vincoli di parentela è finita ieri agli arresti nel corso della vasta operazione di Antiterrorismo scattata tra la notte e l'alba su ordine della procura di Roma. Ancora una volta la Campania si conferma crocevia e importante base logistica per il terrorismo internazionale, i quattro tunisini erano infatti riusciti a mettere in piedi una perfetta organizzazione transnazionale specializzata nella creazione di documenti falsi che vendevano agli immigrati irregolari per cifre dai 100 ai 350 euro: non solo carte d'identità, ma anche libretti di circolazione, patenti e persino libretti di lavoro in formato elettronico da utilizzare in Francia. Due dei criminali risiedevano nel centro di Napoli, gli altri due nel Casertano: a Casal di Principe e a Villa di Briano.
Tutti gli arrestati hanno lo stesso cognome, Baazaoui, ma il capo della banda era il 32enne Akram che dalla sua abitazione napoletana, a due passi dal teatro San Ferdinando, riusciva a tenere i contatti con la Tunisia ricevendo informazioni sugli sbarchi, predisponeva gli alloggi per i migranti da ospitare e fabbricava i documenti falsi per poi consentire agli immigrati di arrivare in Francia dove venivano accolti da altri tunisini su cui sono ancora in corso indagini da parte delle autorità francesi e dell'intelligence.
 
Con questo sistema la banda riusciva a controllare ogni aspetto del traffico fornendo assistenza in ogni singolo passaggio alle centinaia di migranti che arrivavano dalla Tunisia.
Sulle tracce dei quattro tunisini si è arrivati grazie alla testimonianza di Yacooubi Mountasser che in provincia di Latina aveva ospitato il jihadista tunisino, Anis Amri, prima che dell'attentato. È stato Mountasser a riferire alle forze dell'ordine che il terrorista era riuscito a procurarsi una carta d'identità e un permesso di lavoro per andare in Germania proprio dalla banda operante in Campania. Da quel momento la Digos partenopea non ha mai smesso di monitorare gli spostamenti dei Baazaoui procedendo a controllarli attraverso intercettazioni sia telefoniche che ambientali. Il Mattino senza fornire dettagli che avrebbero compromesso l'inchiesta ne aveva dato notizia già nello scorso ottobre. Con gli arresti di ieri, i legami tra Amri e Napoli sono stati confermati: il 19enne jihadista aveva detto in un'intercettazione di potersi procurare facilmente un kalashnikov nel capoluogo partenopeo.
Il capo della banda, Akram, era titolare di una licenza da ambulante per la vendita di chincaglieria e bigiotteria: solo una copertura perché i veri soldi li faceva grazie alla vendita dei documenti falsi. Aveva escogitato un sistema ingegnoso creando una pagina Facebook chiamata «Momo Napoli» all'apparenza insospettabile, l'immagine principale del profilo ritraeva una bimba con una maglietta blu. Tramite Messenger l'uomo si faceva inviare le foto da apporre sui documenti e le generalità, il pagamento da parte degli immigrati avveniva invece grazie ai Money Transfer. Presso alcune agenzie dei Money Gram spiegano gli inquirenti «c'erano entrature» e la banda era costantemente aggiornata quando venivano effettuati i pagamenti.
Akram veniva continuamente aggiornato dalla Tunisia sugli sbarchi: i migranti arrivavano prima in Sicilia (proprio come ha fatto Amri) e poi l'organizzazione predisponeva degli alloggi nel Napoletano e nel Casertano per i quattro o cinque giorni necessari a fabbricare i documenti. A volte erano gli stessi membri dell'organizzazione ad ospitare i migranti, altre volte si cercavano alloggi nel centro storico di Napoli o, più frequentemente, nella provincia di Caserta. Il braccio destro di Akram, Mohammed, insieme a Diaddine e Rabie Baazaoui provvedevano anche a far tagliare i capelli agli immigrati prima di scattare le foto agli immigrati che poi venivano indirizzati in Francia cercando di destare meno sospetti possibili. Diaddine Baazaoui a corso Garibaldi aveva anche la disponibilità di un garage dove venivano custoditi i documenti da riempire all'occorrenza con le generalità dei migranti.
Da Napoli gli immigrati che si rivolgevano alla banda prendevano dei treni-notte in direzione Genova: partenza alle 22 e arrivo alle 6 del mattino. Un sistema considerato sicuro. «Un treno per Genova spiegavano nelle loro telefonate - costa 40-43 euro e non c'è nessun rischio». Per passare la frontiera i tunisini si servivano invece di un uomo che con la propria auto oltrepassava il confine tra Italia e Francia. Il viaggio da Genova al confine francese aveva un costo di 150 euro a persona.
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