La testimonianza in aula: «Nell'Irno stava nascendo un nuovo clan»

La testimonianza in aula: «Nell'Irno stava nascendo un nuovo clan»
di Nicola Sorrentino
Sabato 6 Ottobre 2018, 19:03
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MERCATO SAN SEVERINO. Una "consorteria", così l'ha definita giorni fa il carabiniere chiamato in aula a testimoniare, gestita e organizzata dal paganese Pietro Desiderio, alias "Pierino Maradona", in grado di imporre estorsioni e di gestire attività di spaccio di droga e commercio di armi. In tutta la Valle dell'Irno. La deposizione al tribunale di Nocera è quella resa in settimana dal maggiore dei carabinieri Pietro Rubbo, del comando provinciale di Salerno, che ha aperto il processo sulla nascita e le attività di quel presunto "clan" sgominato dalla Dda nella primavera del 2017. L'ufficiale ha ripercorso la genesi dell'inchiesta, partendo dalle intercettazioni ai primi episodi di natura intimidatoria, risalenti al 2013 e al 2014. Fino ai contrasti di quelli ritenuti i personaggi apicali con soggetti provenienti dalle mafie calabresi, terminando con le alleanze con esponenti storici della criminalità locale.

Il processo vede al banco degli imputati 14 persone, sulle 41 iniziali coinvolte nell'inchiesta: Aniello Aliberti, Emanuele Arena, Vincenzo Bove, Alfonso Cicalese, Silvio Cuofano, Mariano Desiderio, Gerardo Ferrentino, Michele Izzo, Massimo Novaldi, Pietro Pagano, Luigi Rossi, Gerardo Sessa, Gennaro Sicignano e Adrian Turica. Le accuse principali erano associazione a delinquere finalizzate allo spaccio di droga e alle estorsioni. Mercato San Severino era il comune di riferimento, a seguire Roccapiemonte e Nocera Superiore. Come emerso dalle indagini, Desiderio - ritenuto a capo della neo organizzazione - era arrivato da Pagani, per la Dda, per gestire un'organizzazione che avrebbe spadroneggiato nella Valle dell'Irno fino all'aprile 2017. Tra le principali attività c'era l'attività estorsiva con le intimidazioni a colpi di bombe sui cantieri, ma anche il riciclaggio di armi e lo sfruttamento della prostituzione. Pietro Desiderio, difeso dal legale Enrico Bisogno, era andato via da Pagani dopo contrasti con il clan Fezza, che lo mise ai margini constrigendolo a recarsi altrove. Nella Valle dell'Irno, secondo l'Antimafia, era pronto a strutturare una nuova organizzazione criminale.
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