Il Tirreno

Prato

Il vescovo Nerbini fa il “mea culpa” «Volevo salvare don Francesco»

Alessandro Formichella PRATO. ; Altro servizio a pag. 9

Chiesa gremita alla Castellina per l’omelia del presule «Ho lottato per non perderlo, non sono riuscito a tutelarvi»

20 settembre 2021
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«Come un padre di famiglia ho cercato di tutelare un figlio. Ho cercato di fare questo; ho lottato per non perderlo, per non lasciarlo andare a fondo. Ho sbagliato? Credo di aver fatto molti errori. Di questi, sono qui, fra voi, a chiedere scusa». Nel giorno di San Gennaro, vescovo martire di Benevento, il vescovo Giovanni Nerbini non si nasconde nella chiesa dell’Annunciazione alla Castellina. È la messa della domenica. La celebra il capo della Curia di Prato, che vuole farsi vedere e vedere i fedeli, che parla in modo fermo e addolorato di quanto accaduto in settimana con la vicenda dei festini e dell’acquisto e uso di droghe di don Francesco Spagnesi, originario di Iolo, da anni parroco di questa parte della città-bene. La chiesa è gremita. Fuori, altrettanti fedeli sotto l’acqua ascoltano in silenzio l’omelia.

«Ho sbagliato, vi chiedo perdono». Monsignor Nerbini lo ammette. «Sono qui per ascoltare con il cuore in mano la vostra sofferenza, il vostro dolore, la vostra indignazione, che sono anche la mia sofferenza» dice il vescovo. Che monsignor Nerbini avesse capito da tempo che qualcosa non andava per il verso giusto è certo. Lo sapeva probabilmente dal 2019, dal momento dell’insediamento. «Giunto a Prato ho trovato don Francesco, che all’inizio era lontanissimo, quasi distaccato. In fuga. Poi piano piano è nato un accenno di dialogo che è cresciuto insieme alle sue difficoltà che io non riuscivo a spiegarmi fino alla tristissima scoperta della sua dipendenza». «Non mi sono resto conto dell’abisso in cui don Francesco era precipitato. Non è solo don Francesco l’unico tormento per me, ma voi. Vi chiedo perdono per non essere riuscito a tutelarvi» ha detto rivolgendosi ai fedeli. «Dobbiamo intraprendere subito un percorso di redenzione e riscatto su molteplici piani» ha precisato il vescovo, «prima di tutto un accertamento puntuale dei danni subiti dalla parrocchia. La Diocesi si impegna fin d’ora a mettere a disposizione dei poveri della nostra città una somma di denaro congrua a riparare quanto estorto a tante persone».

Gli striscioni di protesta. Durante la celebrazione della messa, un gruppo di persone giunte dalla zona delle Badie e Prato sud ha affisso degli striscioni con scritto: “Curia Castellina feste droga e cocaina. Vergogna umana”. Due striscioni che sono stati fatti rimuovere dai poliziotti della Digos. Ad affiggerli alcune persone indignate dei fatti di questi giorni, con dietro il retroscena di una di queste che si sarebbe vista decurtata l’eredità, si parla di una casa colonica nella zona di Paperino, data da un suo parente diretto alla parrocchia di don Francesco Spagnesi qualche tempo fa.

Lo sconcerto tra i fedeli. «Che macello», sussurra all’entrata della chiesa una delle persone che sta dando una mano nella gestione della messa celebrata dal vescovo. Fuori, fra la pioggia e gli ombrelli, molti hanno gli occhi abbassati, addolorati, per la “ferita” subita, per una comunità balzata di colpo sotto i riflettori di giornali e tv. «In casa i miei genitori sono ancora sconvolti – confessa una quarantenne – Qui molte persone davano soldi ogni volta che don Francesco lo chiedeva».

«La vostra è una bella comunità di credenti; è un patrimonio di fede e di cui ora dovete fare tesoro. In questi giorni difficili avete dimostrato di essere laiche e laici cristiani maturi» dice monsignor Nerbini. La messa è finita.

Altro servizio a pag. 9



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