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domenica, Maggio 19, 2024
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“Gli aspiranti camorristi, piccoli boss anche da bimbi grazie ai genitori”

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Nei vuoti di potere che si sono determinati nella camorra napoletana si sono inseriti gruppi emergenti, non storicamente radicati sul territorio e privi di una forza economica consolidata. Sono questi i sodalizi protagonisti, a Napoli, delle  “stese”, ritenute indispensabili per affermare la presenza sul territorio, accettando il rischio di colpire ignari passanti e le conseguenze che ne deriverebbero in termini di azioni repressive. Più complessa è la realtà criminale che interessa giovanissimi e che si manifesta con diverse sfaccettature, tutte sintomatiche di una violenza metropolitana diffusa. In alcuni
casi si assiste a scontri tra bande di minori, che si consumano nel cuore del capoluogo, durante la cd. movida notturna.

Di queste bande, a volte fanno parte rampolli di famiglie criminali che hanno mutuato gli atteggiamenti violenti dai loro genitori, come testimonia un episodio di cui sono stati protagonisti i MASIELLO dei Quartieri Spagnoli ed i FORMICOLA di San Giovanni a Teduccio.
Ad agosto, di fronte ad una discoteca di Ischia, un gruppo di giovani di cui faceva parte un esponente della famiglia MASIELLO avrebbe dato vita ad una rissa con un altro gruppo di ragazzi, tra i quali vi era un giovane appartenete ai FORMICOLA. Poche ore dopo, a Napoli, si è consumata la vendetta, con l’esplosione di diversi colpi di arma da fuoco nei vicoli dove abitano i MASIELLO, da parte di una ventina di giovani a bordo di moto, provenienti dal quartiere dei FORMICOLA.

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In altri casi, i giovani coinvolti non hanno alcun legame con le organizzazioni criminali, ma la violenza messa in campo è altrettanto esasperata: si richiama, al riguardo, il ferimento con colpi di arma da fuoco di cinque ragazzi, tra cui due minori, il 19 novembre 2017, nel quartiere Chiaia, a seguito di una lite originata da un diverbio scoppiato
su un social network tra due gruppi di giovani, uno proveniente dai Quartieri Spagnoli, l’altro da San Giovanni a Teduccio. Oltre agli scontri tra bande, altro fenomeno caratterizzante sono i gravi episodi di bullismo e rapine, che hanno visto come protagonisti minori, anche questi degenerati in accoltellamenti: nel mese di dicembre,
un diciassettenne è stato colpito alla gola ed al torace con un coltello, da un gruppo di giovani, nel tentativo di sottrargli il cellulare: le indagini hanno consentito di individuare alcuni degli aggressori, tra cui figurano dei minorenni. I fenomeni descritti sono espressione di un disagio generazionale che interessa giovani, per i quali i modelli criminali proposti dai clan continuano ad esercitare una forte attrattiva, rappresentando
un facile strumento per la conquista di potere e ricchezza.

Proprio questi giovani rappresentano un bacino inesauribile per le organizzazioni criminali, ove reclutare manovalanza da impiegare per lo spaccio di stupefacenti,
le estorsioni e, in alcuni casi, anche per la consumazione di omicidi. A questa pletora di “aspiranti camorristi”, si aggiunge la schiera di ragazzi che appartengono a famiglie mafiose e vengono “iniziati”, dagli stessi genitori, ad attività criminali, ancora bambini. Per queste ragioni si è affermata nei Tribunali la tendenza ad adottare
provvedimenti di decadenza o limitazione della potestà genitoriale e di collocamento dei minori in strutture esterne al territorio di provenienza, per recidere il legame con i condizionamenti socio-ambientali. Si tratta di decisioni “forti” che incidono sulla continuità della cultura criminale del clan all’interno del nucleo familiare,
tanto da dare vita, in alcuni casi, a reazioni violente, come accaduto nell’aprile del 2016, quando sono stati esplosi colpi di kalashnikov contro una caserma dei Carabinieri di Secondigliano, da parte del reggente del clan VANELLA-GRASSI in risposta all’esecuzione di un decreto di allontanamento temporaneo dei due figli minori
dalla casa del boss, considerato negli ambienti camorristici un’offesa senza precedenti. Per dare maggiore forza alla prassi seguita dai Tribunali, nel mese di ottobre 2017 il Consiglio Superiore della Magistratura ha approvato una risoluzione per sollecitare il legislatore ad adottare norme di tutela per i minori inseriti in contesti di criminalità
organizzata, con interventi proprio su quel tessuto familiare che condiziona, in senso criminale, il percorso di crescita

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